Nord e Sud - anno VII - n. 10 - novembre 1960

dei pa·nni della retorica - una Milano squallida, plumbea, tetra: una Milano vera e autentica quale raramente nelle nostre lettere recenti ci è dato di trqvare. Una Milano comunque che è più vicina a quella del giovane Raffaello Crovi che non a quella mitica di Buzzati, o a quella 1Jopolare di Testori. Se Bianciardi ha « demolito » quindi una· certa società della grande città del Nord, Flaiano si è assunto il compito di demolire una certa Roma: quella degli intellettuali pigri, svagati, sempre a zonzo fra un tavolo di via Veneto e un salotto dei Parioli, fra un settimanale di punta e una trattoria di via della Croce, la Roma mitizzata da Fellini. In Una e u1w notte Flaiano (cl1e ha avuto la strana sorte di vedere crescere la popolarità intorno al suo non1e per i rari pezzi del Mondo e per le sceneggiature, più che IJer i libri, il primo dei quali, Tem-po di ucciclere, è ancora oggi uno dei più bei romanzi di questi ultimi vent'anni) il procedimento è più elaborato, la scrittura più scaltrita: dove Bianciardi è ingenuo, Flaiano è furbo; dove jl toscano mostra la corda del1' entusiasmo, il cc romanizzato » non esce dal solido terreno dello scetticismo. Le due storje che Flaiano si diverte a narrare sono in un certo senso parallele e contrarie: da un lato il favoloso viaggio di Graziano - cronista incapace e scrittore fallito - attraverso lo spazio, nell'astronave dominata da una donna bellissima, altro non è se non la costatazione che ormai nemmeno la fantasja IJUÒ. salvare l'uomo dalla malinconia. Dall'altro lato la vicenda senza storia dell'intellettuale che cerca l' evasione nella spiaggia deserta costituisce una protesta contro la stupidità ei la volgarità che dominano se111prepiù la massa amorfa. In certi capitoli, in cui la satira si fa dolorosa e partecipe - come quello del pellegrinaggio girato da un cineasta (a cui forse si è malamente ispirato il }-4'ellinidella Dolce vita, nell'episodio del « miracolo » a Terni) o quello del rincretinimento di una· famigliola piccolo borghese, istupidita davanti al televisore - Flaiano tocca il sapore della verità. Vengono in luce allora le qualità migliori di questo nostro scrittore, dotato come pochi nella satira di costume, e capace di raggiu11gere quella caratterizza•zione che è la qualità mjgliore di questo genere dj letteratura. Vera è la Roma pigra, sfatta; veri sono gli intellettuali che vedono il marcio in sè, ma non hanno la forza morale di reagire e stimano questione di buon gusto far professione di cinismo assoluto. Veri sono infine i paesaggi della città e dei dii1torni: da· scenario immutabile della commedia amara della cc dolce vita ». Vorremmo dire che Flaiano ha capito con pochi altri (come Ca.i·loLaurenzi, ad esempio, o Giulia Massari) che far critica di costume è possibile soltanto qualora sj hanno a disposizione mezzi tecnici ineccepibili: nel caso, lo stile. In altre parole, in questa alluvione di pezzi e pezzulli di costume che ha inondato le pagine nazionali dopo l'esperienza di Longanesi (ottimo scrittore e pessimo caposcuola), solo ad una condizione è possibile fare della buona satira: usando la lima, costruendo la frase con infiinita pazienza, sistemando come in un mosaico la parola e r espressione, il giro di frase e 67 Bibliotecaginobianco

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