biamente di una proposta seria ed impegnata, anche se non esente da motivi elettoralistici, che ha fatto seguito al già citato convegno di studi per la « Provincia Ambrosiana » promosso nel 1956 dal Partito liberale, e che merita un esame più approfondito. Il progetto di legge in parola si intitola « Modificazioni nella struttura amministrativa della provincia di Milano, estensibili a'lle altre provincie che presentano particolari caratteristiche di sviluppo », ed ha quindi, almeno potenzialmente, u11 carattere generale, anche se è stato concepito e redatto tenendo conto specificam~nte della situazione propria dell'area metropolitana milanese, alla quale in particolare si rif erisce la relazione nel chiarirne le finalità. cc Molteplici e non sempre prevedibili - vi è detto a questo proposito - sono i bisogni, le necessità, i problemi che la convivenza di n1ilioni di persone possono far sorgere. Oggi ci troviamo di fronte ad una vera e propria anarchia da un punto di vista amministrativa. Abbiamo 245 comuni in una stessa provincia, con interessi e finalità coincidenti, divisi tuttavia, e nella· i1npossibilità di coordinare i loro sforzi in una direzione unica. Abbiamo un comune di Milano soffocato in un territorio limitato che minaccia, per mantenersi in vita, di assorbire i comuni vjcini, di ingigantirsi a spese dei comuni più piccoli a svantaggio reciproco: svantaggio per Milano che vedrebbe così accresciute le proprie difficoltà amministrative, e svantaggio per i comuni assorbiti che, perdendo la loro autonomia, diventerebbero parte di una anonima periferia. Abbiamo un'amministrazione provinciale bene intenzionata ed attiva ma che, non per colpa sua, ma per colpa delle leggi, non pt1ò esercitare una funzione coordinatrice, salvo che nel bemerito ma limitato campo dell'assistenza' e di qualcl1e intervento nel settore delle strade. Troviamo questa mancanza di coordinamento e di possibilità di agire, direttamente e rapidamente, in un settore vitale per una zona destinata al progresso sempre più rapido dell'industria come quello di una più vasta compenetrazione degli interessi che oggi tendono ad uscire dalla ristretta cerchia del comune, assicurerebbe una più moderna razionalizzazione organizzativa ed infine, eliminando sperequazioni e disfunzioni, assolverebbe ai postulati di una effettiva democrazia ». Cfr. P. Rizzo, Provincie e liberi consorzi in Sicilia, cit., p. 12. Questo sviscerato amore per la provincia ha tuttavia una intonazione piuttosto sospetta e sembra dettato sopra tutto dalla diffidenza verso i comuni, che sono il perno delle autonomie locali, e dal desiderio di diminuire l'importanza di questi ultimi a favore di un ente che tradizionalmente è meno vicino all'opinione pubblica e meno sensibile alle esigenze di un effettivo autogoverno democratico. 38 Bibliotecaginobianco
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