Nord e Sud - anno VII - n. 10 - novembre 1960

suo programma di governo (come pure dal programma elettorale del '19) qualsiasi accenno al problema del Mezzogiorno. Si pensò da alcuni che egli temesse di attirare sul suo governo l'odio degli agrari del Sud, oltre quello, già manifestatosi in forma violenta, degli industriali del Nord, timorosi della riconversione delle industrje e della confisca degli extraprofitti. Si disse persino che egli era legato a gruppi finanziari settentrionali e a consorterie meridionali. Il Rizzo ritiene - a nostro avviso giustamente - inesatte tali accuse e vede piuttosto nel radicalismo proprio del temperamento nittiano una più valida giustificazione di tale atteggiamento. Abbiamo osservato come Nitti si trovasse ad operare in un momento di grave crisi economica del Paese. Egli non era uomo da indulgere alla demagog:a, né da attenuare i propri programmi in vista delle difficoltà; inoltre, come tutti i meridionalisti, aveva in grande avversione i provvedimenti straordinari, non ritenendoli, a ragione, realmente risolutivi. Il suo programma per il Mezzogiorno, come vedremo tra poco, implicava un cambiamento radicale di politica economica ed uno sforzo finanziario costante e massiccio da parte dello Stato, certamente insostenibile nelle condizioni di crisi dell'immediato dopoguerra. Occorreva quindi innanzi tutto ricosb·uire l'economia del Paese e creare, con una politica di austerità, le condizioni psicologiche oltre che materiali necessarie ad uno sforzo realmente impegnativo a favore del Mezzogiorno. Testimonianza di questo pensiero sono le parole che Nitti pronunciò in Parlamento sin dal '18, quando faceva ancora parte del gabinetto Orlando : « Molti mi rimproverano non dirò la nostra indifferenza, ma il nostro poco slancio per le provincie meridionali ... Molte cose vorrei fare per l'Italia meridionale che amo e che sta sempre al fondo dell'animo mio, ma per essa non desidero se non ciò che è destinato al suo sviluppo ed alla sua produzione; quindi non spese inutili, che non risultino da necessità, e non abbiano lo scopo di trasformare ed aumentare la produzione ... ». E più tardi, in veste di capo del governo, affermò: « ... non voglio fare alcuna promessa che non sia certo di mantenere ... far concepire speranze troppo grandi in quest'ora troppo difficile, quando lo Stato italiano deve ancora ricostruire le distrutte provincie invase e deve fare nuovi sacrifici per i fratelli delle terre redente, significherebbe anche promettere ciò che non con tutta certezza non si può immediatamente mantenere ». Anche per quanto riguarda il programma meridionalistico, sul quale si è soffermata in particolare l'attenzione del Rizzo; la personalità di Nitti sfugge alle definizioni. Se infatti l'aver concepito il problema del Mezzogiorno in termini di indirizzo economico generale del Paese pone lo statista lucano in una luce di estrema modernità, il non aver confjdato in un rinnovamento politico del Mezzogiorno, come fecero Salvemini, De Viti De Marco e la nuova generazione dei meridionalisti, l'aver creduto che la rinascita del Mezzogiorno sarebbe venuta dal Nord, « da un piccolo numero di uomini, dagli elementi più attivi dell'industria, della scienza, della politica », e dalla pressione delle organizzazioni operaie, fanno apparire il suo pensiero più vicino agli schemi del riformismo illuminato che a quelli della moderna lotta politica (particolarmente interessante a questo proposito. il giudizio del Tasca in Nascita e 121 Bibliotecaginobianco

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