Nord e Sud - anno VII - n. 8 - settembre 1960

Ripensare l'Europa di Michele Tito Per molti segni sembra che i problemi europei (o meglio: di una costruzione europea) debbano cominciare a trovare, tra l'autunno e l'inverno, se non una sistemazione, un principio di impostazione. È difficile prevedere in che direzione, alla fine, ci si muoverà. C'è da una parte il persistere di un verboso e sterile europeismo di maniera e c'è dall'altra una diffusa incertezza di propositi. C'è anche molta confusione d'idee: ad essa può certamente essere attribuito l'articolo nel quale, di recente, « il Popolo » ha parlato di una « grande Europa », in contrapposizione implicita alla cc piccola Europa ». Il pericolo è che si pervenga ad una specie di « modus vivendi » che consenta in partenza ogni tipo di sviluppo futuro, ma blocchi nella sostanza ogni progresso e riduca l'Europa a rinunce irrimediabili. Obiettivamente la situazione non è facile. Non è stato ancora preso atto che l'Europa pensata da De Gasperi, Schumann e Adenauer, già in crisi nel '53, ha ricevuto un colpo mortale con l'avvento di De Gaulle al potere. Insistere sul principio rigido dell'integrazione politica immediata e della sovranazionalità assoluta non è più realistico: non è d'accordo la Francia, non vi tiene più tanto la classe dirigente tedesca, che non è più assediata dalle antiche inclinazioni neutralistiche dei socialdemocratici; e non conviene, almeno per il momento, alla democrazia italiana. Per dirla con franchezza, De Gasperi pensava all'Europa integrata per difendere e salvaguardare la vita democratica nel nostro paese, inserito nel circolo europeo. La democrazia francese, che nel '48 e nel '50 nessuno pensava potesse abdicare, doveva, in un certo senso, dar respiro e vigore alle nostre giovani istituzioni, e tener ferma la Germania sulla linea delle libertà civili e della fedeltà all'Occidente. Con maggiore 7 Biblioteca Gino Bianco

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