Nord e Sud - anno VII - n. 8 - settembre 1960

La classe dirigente liberale, esautorata tra il '24 e il '25 21 , dopo la restaurazione democratica non è riuscita a riconvertire in forza elettorale le adesioni clientelari. Gli esponenti della sinistra, alcuni dei quali si erano fatti notare nei GUF, inclinano spesso all'attivismo demagogico (l'opposizione dei comunisti e socialisti - qui molto vièini perchè la direzione del PSI è nelle mani dell'on. Cacciatore, carrista - è assai spesso acuta, e fondata su argomentazioni valide, ma il pregiudizio ideologico che l'ispira sovente le preclude la valutazione realistica dei problemi della pubblica amministrazione salernitana). I movimenti di destra, dilaniati dalle crisi, non sono stati capaci di esprimere forze di ricambio alla generazione di provenienza fascista. Al centro la DC, preoccl1pata di non correre avv~nture, ha mirato costantemente a stemperare gli umori di qualche progressista, cresciuto nel1' orbita sindacale o in organizzazioni paraculturali. A ciò ha contribuito ancora l'emigrazione a Salerno di gruppi non omogenei, nè qualificati, che; preoccupati soprattutto dal bisogno di accaparrarsi un lavoro, si sono sistematicamente immessi nella massa degli indifferenti o degli aderenti senza partecipazione al grl1ppo di maggioranza. La riprova è nella considerazione che la DC ha espresso un solo uomo nuovo a livello provinciale: l'on. D'Arezzo. Il fenomeno immigratorio, anzicchè portare fermenti nuovi negli strati culturalmente più attivi, ha finito per spingere al di fuori della mischia le poche forze preesistenti. La patente frizione stabilitasi tra queste ultime e la massa inurbatasi dà per ora risultati negativi: i più dotati sentono ora maggiorm_ente il vuoto e il disagio della vita della provincia, e tendono a fuggirne. Che sia questa la causa dell'emigrazione deglì strati più qualificati della popolazione è provato dal fatto che il centro d'insediamento degli emigrati da Salerno non è più Napoli, tradizionale meta delle correnti locali più evolute ed agiate, ma le regioni da Roma in su, cioè le regioni 11azionali meno periferiche. L'interesse dei giovani alla vita politica è di carattere episodico. I gruppi giovanili all'interno dei partiti contano pochi elementi insufficienti a coagulare nuove e vaste adesioni. Per costume antico si aderisce ancora ai partiti seguendo una tradizione familiare o per u11 atto di fede. In q·uesta fase si distinguono i cattolici, i quali gradiscono più spesso la preparazione astratta e l'isolamento nei propri circoli. 2 1 Cfr. GIAMPIERO CAROCCI, Giovanni Amendola nella crisi dello Stato italiano; 1911-1925, Milano, Feltrinelli, 1956, pag. 108. 66 BibliotecaGino Bianco

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