situa:zione di oligopolio determinata non da motivi economici o da ·altre ragioni contingenti, ma da una precisa limitazione giuridica per l'esistenza di una convenzione internazionale sull'uso dej canali televisivi. Ci sembra opportuno chiarire questo punto della recente decisione, soprattutto perchè così risulterà netta la distinzione con gli altri mezzi di diffusione del pensiero, e con la: stampa quotidiana prima di tutto. Per quest'ultima occorrono già adesso capitali enormi che rappresentano senza dubbio un limite alla possibilità per i singoli di servirsene; ma non potrà mai esserci una situazione tale da autorizzare statuizioni giuridiche del tipo di quella di cui si sta discutendo. Non è questo, però, l'aspetto di immediato interesse a cui volevamo riferirci. Le note di maggiore evidenza scaturiscono dall'ultima parte della decisione, e dai commenti che ne sono seguiti: l'una e gli altri concernono appunto la realizzazione nel paese di qt1elle garanzie di imparzialità che, da· sole, possono giustificare le argomentazioni dedotte dalla Corte per dimostrare la necessità del monopolio statale. Nell'attuale situa·zione, infatti, giustificazioni al ragionamento « pratico » formulato dai giudici non se ne intravvedono neppure: e non soltanto dal p_unto di vista delle effettive condizioni in cui opera il mezzo televisivo, ma anche da quello meramente giuridico. I lettori di questa rivista ricorderanno, al riguardo, lo studio di Cesare Mannucci, comparso, nel numero di agosto dello scorso anno, sui « poteri pubblici e l'ente radiofonico ». In esso è spiegata la struttura particolare della R.A.I., della società, cioè, che detiene il monopolio delle comunicazioni radiotelevisive: e che seguita ad essere, nonostante le modifiche registrate negli ultimi anni, un organismo cc ibrido », a metà ente pubblico e per l'altra metà società privata. Inoltre, sul piano politico, sono note le deficienze dell'attuale sistema: dall'insufficienza del controllo parlamentare agli a·busi perpetrati in ogni occasione, proprio ai danni della libertà dei sir1goli (l'ultimo macroscopico esempio del1' assoluto a1sservimento di radio e televisione agli ordini del governo in carica è stato fornito nel luglio scorso dai fatti di Genova, di Reggio Emilia, di Roma e di Palermo). Sicchè, in con·clusione, la decisione della Corte, per adesso, non poggia su nulla di concreto; ~ se la situazione dovesse rimanere immutata per anni ancora, non solo essa non avrebbe nessuna giustificazione « pratica », ma si rivelerebbe addirittura dannosa aj fini di quella libertà di pensiero che vorrebbe salvaguardare. L'ultima parte, tuttavia, della sentenza ha affrontato proprio quest'aspetto del problema, mettendo jn evidenza cc l'esigenza di leggi destinate a disciplinare la possibilità per tutti di esprimere liberamente il proprio pensiero e ad assicurare adeguate garanzie di imparzialità nel vaglio delle istanze dj ammissione all'utilizzazione del servizio televisivo ». Si accetta cioè il principio del monopolio statale con due limitazioni: la prima riguarda l'esigenza di contemperare la libertà dei singoli con gli interessi generali in questo settore (il che, in sostanza, do42 Biblioteca Gino Bianco
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