Nord e Sud - anno VII - n. 8 - settembre 1960

1) Dopo la dissociazione ottocentesca fra tecnica ed arte, fra ingegneria ed architettura, l'architetto non è stato mai più considerato dal pubblico in base ai compiti ed alle attività che egli esplica nella società attuale: per cui l'equivoco dell'architetto artista-facciatista contrapposto all'ingegnere, puro tecnico, al quale è affidata la parte prevalente dell'opera edilizia, riaffiora in alcuni ambienti, con pertinacia tanto più incredibile quanto più tale anacronismo (che rivela l'origine pseudoartistica delle Facoltà di architettura) compare anche a livelli culturalmente qualificati, seppure in altre direzioni. Nel grosso pubblico, poi, la confusione sembra aggravarsi per la presenza, nell'attuale ordinamento degli studi superiori, accanto alla Facoltà di architettura, dell'inutile doppione della sottosezione edile della Facoltà di ingegneria; per cui oggi due Facoltà diverse laureano due diversi professionisti, abilitati a svolgere la stessa attività (anche se per la formazione scolastica avviene spesso che i laureati operino scelte in diverse direzioni, contribuendo in tal modo alla lamentata dissociazione). 2) La vastità del campo in cui l'architettura è chiamata ad operare, che va dal ,, cucchiaio al grattacielo », cioè dall'inclustrial design all'edilizia, all'urbanistica, all'arredamento, all'arte tipografica, all'arte del paesaggio e dei giardini, alla pubblicità ed alla cartelìonistica, etc .. 3) Il contrasto, sempre più aspro, tra ragioni ideali e ragioni pratiche, che trova la sua più abituale applicazione nell'importanza del committente (sia esso il privato e lo Stato) nella genesi dell'opera architettonica. 4) Il rapporto tra produzione edilizia e società, cioè tra attività edilizia e politica, che è alla base dei programmi del costruire ed acquista la sua chiara determinazione nel quadro urbanistico, in cui va inserita la produzione architettonica. Le numerose difficoltà esposte riguardano problemi di fondo, al punto da giustificare pienamente l'affermazione secondo la quale ,, l'architetto è un uomo che lavora continuamente per sapere che cosa deve fare», anche se questa non può reputarsi caratteristica sua esclusiva, ma, per il dissidio tra ideali e realtà che è alla base dell'angoscia moderna, risulta comune agli altri intellettuali. Con tale affermazione, comunque, ha inizio il volume di Franco Nasi, L'Architetto (Vallecchi, Firenze, 1960), che si inserisce nella collezione ,, Il Bersaglio», destinata - com'è espressamente dichiarato dall'editore - a dare ,, un contributo alla conoscenza deHa società italiana d'oggi e all'orientamento di qu~lla di domani, mediante brevi monografie sulle principali professioni, vecchie e nuove ». L'iniziativa di scrivere un libro per divulgare in un più vasto ambito i problemi e le idee degli architetti, ,è assai lodevole, e, in verità, se ne avvertiva da tempo la mancanza: il disinteresse e l'ignoranza dell'architettura vanno combattuti con ogni mezzo, perchè il compito degli architetti sarà assai facilitato •soltanto quando l'amore per l'architettura sarà più diffuso, se non nella massa, almeno tra le persone colte. Per mettere a fuoco, con obiettività e chiarezza, tali problemi, occorreva un .esame dall'esterno, condotto con libertà di giudizio; e la scelta di un non architetto, a tale scopo, era forse indispensabile per evitare polarizzazioni univoche e per non esclu120 BibliotecaGino Bianco

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