vati annualmente in Sicilia, nei sette anni considerati, avrebbe dovuto essere effettivamente molto più alto di quello osservato ». Sono soprattutto gli stranieri a costituire og·gi una massa potenziale di turisti cl1e potrebbero essere attirati in Sicilia, ma non lo sono per le ragioni che si sono dette. Si pensi cc che i clienti stranieri ospitati negli esercizi alberghieri della Sicilia rappresentano il 14% degli arrivi e 1'11% delle presenze; mentre negli esercizi alberghieri dell'Italia rappresentano il 35% degli arrivi ed il 3-6,% delle presenze ». D'altra parte, se, « complessiva.TTiente, il movimento turistico in Sicilia è formato in maggior parte ,da forestieri italiani », è significativo che faccia eccezione Taormina, l'epicentro della zona che Areuri di Marco considerava la sola della quale si possa dire che è una « zona turistica vera e propria » : ivi « gli stranieri rappresentano il 90% degli arrivi e 1'82% delle presenze registrate nell'anno », onde siamo in presenza di « un tipico esempio del potere di attrazione turistica che può esercitare la Sicilia sugli •stranieri ». Dai dati statistici risulta dunque chiaramente come, nella distribuzione spaziale ,dell'attività turistica italiana, l'jsola « dove fioriscono i limoni », la terra dove si possono visitare i templi più prestigiosi, ad eccezione di Taormina sia in realtà una regione ancora assai depressa, uno di cc quei territori che pur dotati di elementi di attrazione paesisticoclimatica e talora anche artistici non hanno ancora avuto un proporzionato sviluppo turistico >>. Questa definizione, che Giuseppe Barbieri dava, al Congresso geografico di .Bari, delle « aree depresse ,del turismo », si ad dice in modo esemplare alla Sicilia; e Galantino ha potuto agevolmente dimostrare quanto su di essa incida cc l'esistenza di notevoli limitazioni ed ostacoli di fronte ad un allargamento del turismo internazionale ». Non ci sembra però che si possa affermare, come afferma Galantina in una nota, che la Sicilia, essendo « un'isola nel cuore del Mediterraneo », è idonea per natura ad un turismo altamente qualificato più che alle moderne forme di turismo sociale e di massa ». Questo è vero, fino a un certo punto, soltanto per alcune località, che possano e vogliano curare solo un turismo « altamente qualificato », ritenendolo più conveniente (Taormina, per esempio, come Positano e come Portofino, potrebbe attenersi a questo criterio); ma la regione nel suo complesso non può non curare il turismo di massa, il turismo di circuito {come tener fuori i templì greci dagli itinerari classici del turismo europeo di massa, senza subirne grave danno economico?), il turismo degli studenti e delle vacanze operaie (si pensa anche e soprattutto agli studenti e alle vaèanze operaie nell'ambito del M.E.C., rispetto al quale la Sicilia e tutto il Mezzogiorno d'Italia potrebbero vantaggiosamente rappresentare una specie di Costa Azzurra a buon mercato). Ma a questo punto, a spiegare pe'.fchè le moderne forme di turismo sociale e di massa non hanno ancora investito la Sicilia, come non hanno ancor3: investito l'Italia a sud di Roma, salvo rare eccezioni di località isolate (Capri ecc.), interviene, oltre la questione della struttura alberghiera, anche quella relativa alla insufficienza delle vie di comunicazione e dei trasporti da e per la Sicilia. Della struttura alberghiera noi possiamo dire che essa non si adegua alle esigenze del turismo moderno per mancanza di spirito 104 Biblioteca Gino Bianco
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