Nord e Sud - anno VII - n. 8 - settembre 1960

la prova del fuoco, nonostante incertezze e debolezze, gl'intellettuali però rispondono: nel momento in cui la sedizione franchista, disarticolando completamente l'apparato statale, porta ad una situazione politica e istituzionale assai diversa da quella prevista e voluta dai capi democratici, li pone senza più mediazioni in diretto contatto con le classi popolari scatenate nella difesa e nel contrattacco, questi restano al loro posto a battersi. La solidarietà dell' Occidente viene a mancare, la situazione internazionale ed interna si fa sempre più grave, ma essi resistono in un sofferto e tragico impeto di fede che colpisce anche un realista politico della scuola staliniana, il corrispondente della « Pravda », Kolzov, scomparso al suo ritorno in patria e di recente oggetto di postuma riabilitazione : « Il destino - egli ha scritto - ha fatto uno scherzo crudele a questi tranquilli dottori in chimica, a questi letterati. Per ora essi non si sottraggono al loro destino... Questo è il loro ruolo storico ben compreso di radicali borghesi di sinistra; e certo è un merito» (p. 289). Non pochi di questi tranquilli borghesi si convertiranno al comunismo, poichè l'URSS resterà il solo paese ad impegnarsi a fondo nella difesa della Spagna, ed i comunisti, sparuta minoranza all'inizio della guerra, emergeranno come la formazione politica dotata della maggiore capacità organizzativa e della più ferrea disciplina, fatta di uomini di guerra prima che di rivoluzione. Sul terreno culturale, l'adesione al comunismo, quando c'è, o l'accettazione di esso come forza egemone non si traduce però in accettazione della dogmatica staJiniana. La presenza sullo stesso fronte di forze politiche diverse e di ideologie diverse che caratterizzerà fino ali' ultimo il regime repubblicano - anche se sempre più difficili diventeranno le con99 BibliotecaGino Bianco dizioni per la sinistra anarchica, trotzkista e « poumista », fatta oggetto di duri e spietati colpi da parte comunista - vale anche a conservare al movimento culturale la sua larga libertà. E nei saggi di Garosci su poeti e romanzieri, pubblicisti e saggisti, memorialisti e storici, questo carattere di sincerità e di spontaneità emerge come il dato comune a tutte le correnti di idee che si trovano impegnate sul fronte antifascista, e che maggiormente risalta quando si guardi al vuoto e allo squallore che si riscontrano dall'altra parte. Nessuna presa infatti riesce ad esercitare il franchismo nel mondo della cultura, neanche quella di cui erano stati capaci fascismo e nazismo. È l'intera intellighenzia spagnola, questo il culmine della tragedia, che viene tagliata fuori dalla vita del proprio paese, imprigionata, più spesso sterminata, in larga parte dispersa nell'esilio, in un processo che non ha precedenti se non forse, osserva Garosci, nella diaspora degl'intellettuali seguìta alla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi. Il regime franchista ha potuto così celebrare per bocca di Franco la propria vittoria su « due secoli di cultura bastarda » (p. 224), su due secoli di conquiste del pensiero moderno. È un fatto tragico che sembra ripresentarsi ad ogni fase della storia di Spagna. « La Francia e l'Inghilterra _, ha osservato un giovane scrittore dell'esilio, Camilla J osé Cela - hanno o hanno avuto alcune minoranze incaricate dell'orientamento del popolo francese o inglese. In Spagna, le individualità che avrebbero potuto formarne le minoranze, furono sempre tagliate a fette... Chi tagliò le indivìdualità spagnole non fu il popolo ..., nè la classe media ..., bensì coloro che, con le redini del potere nella sinistra e la schioccante frusta da cocchi_ere nella destra, preferirono, con evi-

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