cui bastava dare tina forma per farne un tutto economico e forse politico. Dopo dieci anni galleggiano, fra molte delusioni, la « Comunità dei Sei » ed i frammenti di notevoli sforzi. Oltre ai nemici politici della Comunità l'esperienza aveva fatto apparire dei nemici più sornioni: la ineguaglianza di sviluppo esistente fra i diversi paesi e la differenza grandissima dei loro tenori di vita. Tutt'intorno al Mediterraneo, cioè, para·dossalmente 11ei luoghi di più antica civiltà e di più grande ricchezza culturale, le economie locali non si erano evolute verso quelle moderne forme di economia che caratterizzano l'Europa; perciò, anche nei paesi più evoluti, si scoprivano delle zone depresse che davano meno all'occhio poichè i paesi vivevano chiusi in se stessi: le economie di queste zone si trovavano in ritardo rispetto alla situazione media del paese cui appartengono~ quasi straniere in patria; a causa' di questo squilibrio non si poteva parlare di comunità se non ricorrendo ad una di quelle menzogne che condannano ed uccidono. Tutto ciò è sembrato chiaro all'organo operativo dell'O.E.C.E., l'Agenzia Europea di Produttività, che come primo atto, ha: tentato di ridurre i dislivelli esistenti nell'interno dei vari paesi: infatti nessun tentativo d'unione ha la possibilità d'approdare a buon fine se esso è basato su una diseguaglianza troppo accentuata·; cosa che nasce da tutte quelle difficoltà esistenti in una società capitalista: difficoltà politiche, difficoltà economiche nei campi dell'instabilità, dell'impiego e dell'equilibrio dei prezzi. Tutti i grandi paesi ne sanno qualche cosa. Così, mentre tutti s'agitano per soccorrere il « terzo mon,do », l'Agenzia Europea di Produttività ha deciso, quattro anni fa, di occuparsi modestamente del suo mondo. Essa ha tentato di sperimentare un metodo di assistenza che non sia nè una illusione, nè una dispe11diosa· opera di carità a fondo perduto. Non si trattava per l'organo operativo dell'O.E.C.E. di coprire l'Europa con una pioggia d'oro che esso non aveva, nè di compensare dei ritardi secolari con qualche miracolo, nè di rjsolvere i problemi di un continente con un colpo di bacchetta magica. Si trattava:, invece, di fare tre cose precise: in un primo luogo di creare una idea, quella di uno sviluppo delle zone depresse, coordinato su scala europea .. In seòondo luogo si trattava di cercarne e metterne a punto i metodi, che non potevano essere quelli dei biancl1i onnipotenti ed onniscienti presso l'uomo di colore, perchè siamo in Europa, nè quello dell'ele93 Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==