Stando così le cose, è facile comprendere - osserva de Castro - che quando si voglia agire sulla base di termini purame11te eco11on1ici e non politici o sociali o sentimentali, cc è be11difficile che la scelta cada su1 zone montane, nelle quali il costo dei trasporti è altissi1no, la 111a110dopera disponibile non numerosa e non ancora qualificata, ecc. ». Una zon~ montana sarà presa in considerazione solo quando _giocl1i11p0articolari elementi a suo favore, come la vicinanza di materie prime (minerali, legname) o vantaggi similari. Infatti quelle industrie che in Italia vivono e prospera110 in zone montane sono sorte in passato o sorgono oggi grazie a qualche fattore naturale che le ha1 rese privilegiate. Questo vale per le industrie minerarie della Valle d'Aosta, ed anche per le industrie tessili di altre zone alpine. In questo caso il fattore naturale più importante fu l' acqu.a', che muoveva dapprima le ruote degli opifici e poi gli impianti elettrici. E per l'industria laniera furono, molto spesso, i grandi gr~ggi che pascolavano nelle vicinanze. « Nel corso del tempo si creò, in seguito una maestranza ben qualificata e selezionata che permise un gioco favorevole nei riguardi del ' fattore lavoro ' ad altre industrie che sorsero successivamente ». De Castro, concludendo, afferma che la scelta economica della localizzazione di un'industria cc non è un problema volontaristico: è deter- • 1ninata da una serie di condizioni dalle quali no11può e non deve prescind.ere chi intenda creare qualcosa di vitale, nell'interesse suo proprio ed in qt1ello generale dell'economia del paese ». È necessario, naturalmente, che la montagna non venga abbandonata a sè stessa, e che lo Stato intervenga a sistem.arla dal punto di vista delle foreste e delle acque. Ma « se le industrie non possono seguire i montanari, è bene che i montanari seguano le industrie ». Aggiungiamo dal canto nostro queste altre considerazioni. È chiaro che le facilitazioni ai comuni montani concesse d.a·lla legge sulle aree depresse serviranno, come del resto è già constatabile, quasi esclusivamente alle zone montane già industrializzate, come il Biellese, o la bassa Valsesia. Tolte le altre zone che sono in grado di darsi uno stabile sviluppo turistico, sul resto non c'è da farsi illusioni. Per quanto riguarda l'intervento dello Stato, eccettuato quello, indispensabile, indicato dal prof. de Castro, ogni altra spesa per i11dustria◄lizzare le zone montane non privilegiate sarebbe irragionevole e ingiusta. Per gli abitanti delle zone alpine, specie del Piemonte e della Lombardia, l'esodo è, in paragone alle altre zone di sfollamento del paese, relativamente agevole. Se vi fossero somme disponibili, esse andrebbero concentrate nello 66 · Biblioteca Gino Bianco \
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