Nord e Sud - anno VII - n. 6 - luglio 1960

del paese di indirizzare tempestivamente centinaia o migliaia di miliardi di lire alla montagna, non (era) azzardato prevedere che il destino di gran parte di questa (e in particolare dei territori alpini del Piemonte, eccettuate quelle zone che per qualche condizione privilegiata sono jn corso di sviluppo turistico o industriale) sarebbe stato di avviarsi verso un tipo di economia che fondandosi sullo sfruttamento di foreste 1niniere, ecc.~ richiederà una popolazione molto inferiore a quella odien1a ». Era una constatazione ovvia, che s'in11Joneva da sè a chiunque 110n fosse accecato dalla retorica: della sana vita alpina e delle « fallaci lusinghe delle sirene urbane )>. Ma nel nostro paese occorrono sempre · anni, e talvolta decenni, prima che i conservatori an1mettano la più piccola verità cne implichi un superamento dello status quo, anche quando quest'ultimo costi sofferenza; a centinaia di migliaia di persone. È confortante vedere che le cose un po' alla volta stanno cambiando almeno 11elsenso cl1e si fanno più rari gli incoraggiamenti a negare J'evidenza·. Nei giornali piemontesi sono tuttora frequenti le lettere di persone che lamentano l'esodo alpino, e cl1e ripongono grandi speranze nella legge del 1957 sulle aree <lepre se e i comuni montani. Ma ecco finalmente t1n giornale cauto e compiacente come cc La Stampa» dedicare, il 31 maggio scorso un i1nporta11te articolo di fondo alle prospettive economiche della montagna·, in cui vengono toccati con decisione i temi più scottanti. L'articolo del professor de Castro (preceduto da un breve corsivo direttoriale che inette le mani avanti per attenuare lo choc del lettore conservatore o illuso) suona come un risoluto richiamo alla realtà. Ribadito che l'esodo rura·le « non solo è fatale, ma anche economicamente prezioso », lo studioso affronta il problema della creazione di industrie nelle zone montane, « che si inquadra nel ben più vasto ed ormai scientificamente precisato problema della localizzazione delle industrie ». I fattori che determinano la miglior localizzazione sono molto diversi e complessi: « la terra, il clima, le risorse naturali, le differenze di qualità e quantità di lavoro, l'influenza di istituzioni sociali, le disponibilità di capitale e, certamente non ultimo, il costo dei trasporti ». Ad essi 1nolti altri se ne aggiungono, « come lo spazio di produzione, di distribuzione, di ripartizione, di finanziamento clei quali l'impresa può disporre in una nuova località scelta ». Occorre inoltre tener conto « dell'interdipendenza generale dei prezzi .e dei mercati, la quale non si riferisce solo al mercato interno, ma1 all'intero mercato internazionale ... » . 65 ' . B~bliotecaGino Bianco

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