L'errore di quegli anni è ormai da tutti esplicitamente o implicitamente riconosciuto. Nell'analisi del meccanismo di sviluppo dell'a·gri- r coltura delle singole regioni meridionali si tende, perciò, sempre di più a sottolineare l'importanza di alcuni aspetti e principalmente: 1) l'importanza del divario fra terre povere e terre ricche, tra l'osso e la polpa del Mezzogiorno, come m'è venuto fatto una volta di chiamarlo; 2) il peso prevalente, che hanno se1npre avuto ed ancora più avranno in avvenire, sul valore complessivo della produzione, le tipiche colture meridionali, le cui possibilità di incremento produttivo sono di gran lunga maggiori delle altre; 3) la oppo1tunità di spostare l'accento dagli investimenti fondiari ai miglioramenti agrari, dagli investimenti su terre povere a quelli su terre ricche; 4) la dipendenza di ogni ulteriore sviluppo dell'agricoltura da interventi di carattere qualitativo ed organizzativo, sostanzialmente basati su di una migliore utilizzazione dei fattori umani e istituzionali del progresso. Malgrado che anche in Calabria queste verità si siano venute facendo sempre più largamente strada, ho l'impressione che da esse non si siano ricavate ancora tutte le conclusioni cl1e se ne debbono ricavare. Sebbene la configurazione della regione faccia sì che in ogni più piccola zona si riscontrino, dal monte al pia110, terre povere e ricche, utilizzazioni primitive ed intensive, sebbene, cioè, la localizzazione delle une e delle altre non sia così chiaramente delimitata come in altre regioni, la contrapposizione vale qui più che altrove. Una analisi della produzione agraria lorda mostra come dei 110120 miliardi di lire da questa raggiunti in Calabria negli ultimi anni, oltre un terzo si ottiene da meno di 150.000 ettari, un altro terzo da meno di 300.000 ettari e l'ultimo terzo dal rnilione circa di ettari residui. Scendendo ad analisi più <lettagliate si vedrebbe come nel primo gruppo la metà della produzione (20 miliardi circa) provenga da un più di 50.000 ettari e come nell'ultimo oltre 650.000 ettari producano appena la metà di quest'ultimo scaglione di produzione (altri 20 miliardi circa), con una media per ettaro inferiore alle 35.000 lire. Questa contrapposizione di terre povere e di terre ricche risulterebbe, tuttavia, ancora più grave se, anzichè con riferimento alla diversa produttività attuale delle une e delle altre, fosse vista in relazione alla· loro produttività potenziale in base alla tecnica agraria moderna eçl ai suoi possibili sviluppi. Si dovrebbe allora constatare cl1e, mentre sulle terre ricche le possibilità di ulteriore aumento della produzione, utilizzando quella che si chiama la riserva tecnologica non sfruttata, 59 Biblioteca Gino Bianco
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