Nord e Sud - anno VII - n. 6 - luglio 1960

di estorsione, di ricatti, cli intimidazioni. Spingeridosi più in là, alla lettura dei giornali delle prime settimane di giugno, si ricava che non passa giorno senza un omicidio; e poche volte l'assassino viene indiuiduato, quasi mai si ha la possibilità, pur conoscendone il nome, di portarlo avanti ad un tribunale e farlo condannare. I corrispondenti dei grandi giornali nazionali che si sono recati nell'isola ancora una uolta, o sono venuti a Napoli per seguire, nelle aule dei tribunali campani, i processi alla mafia, hanno ancora una volta potuto constatare che tali processi si concludono sistematicamente iri un, riaufragio contro gli scogli della paura e dell'omertà. Così le cronache della Sicilia, quelle di ieri riesumate dai processi e quelle di oggi risultanti da nuot'e indagini o da nuove inchieste, hanno riproposto al paese un problema che non può essere più sottovalutato come lo è stato fino ad oggi da tutti i governi, nazionali e regionali. La delinquenza in Sicilia, per la sua attività e più ancora per la sua impunità, è una vergogna nazionale; e l'opinione pubblica regionale dovrebbe proprio perciò considerarla più cocente. In ogni modo così rion si può più andare avanti. A mali estremi, rimedi estremi: e che si tratti di mali estremi rion sembra clie si possa metterlo in dubbio dopo quello che da anni sta accadendo, con sempre maggiore gravità e intensità. Tutti gli italiani e i siciliani migliori ne sono convinti. L'opinione pttbblica è giustamente in allarme : incolpi la mafia. o chiami in causa le incredibili condizioni di arretratezza sociale che contraddistinguono vaste zone della Sicilia occidentale, essa si rende conto clie una tale situazione non è più tollerabile, che perdurando un clima in cui il delitto è nell'aria ogni sforzo economico per risolleva.re le condizioni dell'i,sola è destinato - come rilevava Nicola Adelfi - ad inaridirsi. A non rendersi conto di ciò, e a niettere in dubbio la gravità della situazione siciliana, è invece rimasta l'autorità siciliana e, purtroppo, anche quella centrale, che insistono nel dichiarare riarmale la situazione della Sicilia e a negare la stessa evidenza delle statistiche ogni volta che il problema della delinquenza viene riproposto all'opinione pubblica ([ultima manifestazione in ordine di tempo di un siffatto atteggiamento ci è stato offerto dalle singolari dichiarazioni rese in i\ssemblea alla fine di giugno dal presiderite del governo regionale, il barone Majorana della Nicchiara); e a negare la sanguinosa evidenza pare che siano rimasti pure il mantovano cardinale Ruffini e quei siciliani, litigiosissimi, che in ogni discorso che si riferisce alla mafia credono di intravvedere una intenzione di offesa, o per lo meno di malevola insi4 BibliotecaGino Bianco

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