città più grandi, hanno favorito certamente il diffondersi di comportamenti imprenditivi funzionali anche nelle aziende agricole. Si può affermare che in queste zo•ne, così come nelle città, la motivazione prevalente è l'aspirazione a livelli più alti e ad una composizione più variata dei . consumi. Nel secondo tipo di zone si può notare t1n certo squilibrio tra aspetti tecnici ed economici da un lato, aspetti sociali e culturali da t111altro lato. I nuovi investimenti e l'introduzione di nuove tecniche produttive sono stati operati, in prevalenza, dall'intervento pubblico. Esso è stato spesso sovrapposto, non solo, com'è ovvio, agli interessi dei ceti localmente detentori del potere e del prestigio sociale, ma anche ai valori, ai modelli di comportamento e alle motivazioni, tradizionali o addirittura arcaiche, dei ceti subalterni. Questa considerazione non vuole essere una critica: molto probabilmente non poteva farsi altrimenti. D'altra parte, l'intervento pubblico, favorendo la commercializzazione dei prodotti e nuovi insediamenti, condizioni entrambe positive per un rapporto più intenso e costante con le zone più evolt1te, e aprendo la possibilità di ascesa sociale· attraverso il successo economico, ha posto le condizioni per l'affermarsi di comportamenti imprenditivi funzionali e innovatori. Perchè tali condizioni operino concretamente, occorrerebbe accelerare la crisi della vecchia struttt1ra sociale, sostanziata in istitt1ti tradizionali quali il vicinato e la clientela, e dei vecchi valori culturali, quali il rispetto acritico dell'autorità dei notabili e delle tradizioni delle famiglie e della comunità. Nel terzo tipo di zone, in assenza di qualsiasi sviluppo economico, sia pure indotto, si manifesta più tenace la resistenza di str11tture sociali particolaristiche e diffuse, di valori culturali tradizionali, e più evidente è l'assenza di comportamenti imprenditivi ispirati alla funzionalità dell'azione. Certo, anche in qt1este zone giungono i riflessi della civiltà t1rbana, attraverso i mezzi di comu11icazione di massa, attraverso i rapporti demografici con zone contermini più evolute. Ma il contesto sociale. e culturale non consente che gli occasionali e indiretti rapporti fra la tradizionale civiltà contadi11a e la nt1ova civiltà urbana producano effetti apprezzabili. La distanza civile, così come la distanza economica, tra queste zone e le altre, in ct1i è in atto t1n processo di sviluppo spontaneo o indotto, tende ad aggravarsi. Da quanto si è detto, risulterebbe chiara la necessità di un intervento che, analogamente a qua11to avviene per la realtà economica, mirasse a contrastare la tendenza a forbice che caratterizza il divario sociale e culturale tra zone sviluppate e zone arretrate. Ma un tale intervento, estraneo alle tradizioni liberali dell'Occidente ancor più che l'intervento economico, incontrerebbe obiezioni rilevanti; in effetti, la modificazione programmata della cultura e dei rapporti sociali non può prescindere da giudizi di valore e da impostazioni « ideologiche» : la sua cc ideologia », in particolare, si opporrebbe a quella dei non pochi idealizzatori della civiltà contadina, contrapposta, per i suoi aspetti solidaristici e per la fedeltà alle tradizioni cult11rali, alla Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==