· Non basta. Negli ultimi cinque anni, a programmi avviati, con due autonomie regionali, i piani speciali per Napoli e la Calabr ia, ecc., le nuove costruzioni sul totale preesistente sono state del 5,9 5 per il Sud e 6,25 per le Isole, contro 10,29 per il Nord e 9,08 per l'i11tero territorio nazionale. Non può dirsi un bilancio lusinghiero, e meno ancora lo è sulla scorta di ulteriori osservazioni. L'INA-Case, l'Istituto delle Case popolari, l'INCIS, ecc., han no operato più o meno intensamente anche nelle regioni meridion ali: se, quindi, in complesso poco si è fatto, ciò è dovuto ad assoluta carenza dell'iniziativa privata, che non ha saputo, voluto o potuto imp egnarsi in una delle attività fondamentali per la rinascita economica e sociale. A questa ovvia e penosa constatazione potremmo aggiunger ne molte altre, tutte documentate, ma esse non sono che gli effetti di una causa, o serie di cause, che va indagata. Perchè, in breve, malgrado quanto è stato fatto, la situazio ne permane così apertamente negativa per il Mezzogiorno? Non vale citare l'abusata legge dell'attrazione esercitata dalle regioni più ricche e progredite a scapito delle altre, dalle quali de fluiscono capitali, iniziative, forze di lavoro: questa non è una spiegazione, ma una situazione, a modificare la quale tende la politica eco nomica. Prima di proseguire, sia ancora consentito un cenno di confutaz ione per quanti ritengono non preoccupante il fatto che il saggio medio di incremento dell'economia meridionale sia stato in questi ultimi anni inferiore a quello dell'economia settentrionale, giustificando lo con l'inevitabile lentezza di avviamento della spinta propulsiva e con il conseguente ritardo dei suoi frutti. È vero invece che, se parte notevole degli investimenti non è immediatamente produttiva, ciò dipende dal non aver saputo individuare in quali zone e in quali setto ri operare subito, per l'inizio di un ciclo capace di autoalimentarsi. La massima parte del nuovo benessere del Mezzogiorno è costituita da apporti del Settentrione, di natura non ricorrente (opere pubblic he, infrastrutture, ecc.) e tali da risolvere solo in modo precario il pr oblema dell'occupazione. Si tratta proprio, invece, come ha individuato il Rapporto OECE di trovare e perseguire una soluzione definitiva; ma ne siamo ancora lontani, forse più di quanto non lo fossimo cinque anni fa. Qua li, dunque, J.e cause determinanti di questo stato di cose? Per quanto concerne la legislazione si deve riconoscere che si è fatto molto, anche se non tutto. L'istituzione della Cassa, le vari e leggi speciali fino alla n. 634 del 1957; la coordinazione tra il Ministero dell'Industria e quello delle Partecipazioni statali hanno fornito un corpus vasto, che abbraccia quasi tutto il campo d'azione, dalla bonif ica alla riforma, dalle zone di industrializzazione all'istruzione profes sionale, al credito. Non direi che tutto sia articolato sempre con la nec essaria coerenza ed interdipendenza: una delle ragioni che valgono a s piegare l'inadeguatezza dei risultati va proprio cercata nella mancata armonizzazione delle tante dispo,sizioni, che a volte si sovrappongon o du41 . Biblioteca Gino Bianco
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