Nord e Sud - anno VII - n. 6 - luglio 1960

nucleo originario, il solo veramente consistente, della D. C. (quello dei « notabili » popolari, divenuti moderati e trasformisti) e la maggioranza degli esponenti del clientelismo non politicamente qualificato sopratutto dell'Italia meridionale. Al vertice come alla base, la Democrazia cristiana assorbiva in quegli anni tutti i rappresentanti dell'arretratezza politica meridionale, della passività sociale e addirittura morale delle regioni depresse dell'Italia centra1e e del piccolo e grande affarismo settentrionale. La Democrazia cristiana non andava per il sottile: con azione metodica rastrellava una ad una le sacche del clientelismo e delle sopravvivenze del sistema uninominale e colmava di onori i loro esponenti. Lo stesso trattamento di riguardo venne fatto anche a ex fascisti. Fu il grande momento degli cc avvocaticchi », degli agrari, dei medici di campagna e dei capoccia del sottoproletariato urbano. Fu il momento in cui il segreta'rio della Democrazia cristiana faceva due ore di antica1nera per essere ricevuto da Lauro, cl1e aveva da poco fondato un proprio partito; .,e lo stesso !aurismo si innestava, come una variante protestataria, nel processo di scadimento e di capitolazione dei valori della democrazia italiana. Pure la socialdemocrazia, in quell'epoca, diventava qua e là un'organizzazione di clientele. Delle conseguenze che derivarono da tutto ciò, sono tre quelle che minacciano, oggi, di rivelarsi decisive nella crisi della Democrazict cristiana: 1) i « notabili » del partito si sono separati dagli esponenti del1' Azion-e cattolica e sono confluiti per primi nel sistema dei << nuovi venuti », dalle tipiche caratteristiche meridionali (poi si sono inseriti nel sistema anche numerosi esponenti dell'Azione cattolica); 2) l'autonomia politica del partito non ha esercitato più alcun richiamo, i trasformisti hanno anzi sollecitato essi, dal bass~, per evidenti ragioni di autodifesa, la clericalizzazio~e effettiva del partito (alcuni infortuni elettorali della D. C. tra il '50 e il ,53 avevano accreditato la convinzione che il clero, ove aiutava la: destra, ne determinava il successo) ed è nata così una rete di connivenze e di interessi tra basso, medio e alto clero da un lato, il partito dall'altro; 3) è sorta la casta dei capi-•elettori, in grandissima maggioranza legata alle posizioni di potere, e, perciò, al trasformismo, al clerico-moderatismo e al clientelismo. Conclusione: ad u11 partito tendenzialmente orientato verso una politica democratica e moderatamente progressista, si opponeva un elettorato condizionato da capi elettori sostanzialmente reazionari, qualunquistici o clericali. È la situazione che consentirà di lanciare la famosa proposta Sturzo per il «listone» alle amministrative di Roma (cl1e De Gasperi farà fallire). La predi16 Biblioteca Gino Bianco

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