questo vivace e ormai famoso critico americano dell'americanismo economico. Non è fargli torto notare che il suo modo di occuparsi dell'economia americana è, in generale, quello di uno scrittore che, ad una conoscenza da « studioso » del suo argomento, unisce le qualità - anche se talora non soltanto le qùalità - di un disegnatore umoristico. A parte il fatto che questa associaziohe di « analisi scientifica » e tono brillante può anche non piacere,' è indubbio che le osservazioni e le conclusioni di Galbraith àppaiono rette, in generale, da un convincente buon senso. È questa la ragione per cui il successo dei suoi libri può essere visto con favore . · Veramente un discorso generale su Galbraith troverebbe un'occasione più adatta se si parlasse, ad esempio, del libro che lo ha reso popolare: quel « The Affluent Society » che forse poteva essere scritto con più ordine, con una più chiara consapevolezza metodologica dei limiti del suo contenuto, ma che costituisce senza dubbio una interessantissima individuazione - fuori di un eccessivo tecnicismo - di alcuni temi critici del capitalismo moderno, non soltanto nordamericano. Con questa opera il Galbraith si è confermato come uno det principali teorici del neocapitalismo. e come uno dei più importanti fra quei studiosi che considerano non ineliminabili alcune «storture» dei sistemi economici fondati sull'iniziativa privata. A tentativi come questi, e soprattutto alla loro efficacia nella formazione di un'opinione pubblica e di una classe dirigente più co:p.sapevoliidei limiti dei sistemi economici occidentali, e dell'opportunità di correggerli a tempo, si dovrà, secondo l'opinione di molti, la proficua sopravvivenza di economie diverse da quella comun~sta: del sistema, cioè, nel cui successo finale mostra di credere, come uomo di buon senso più che come astratto ideologo, l'abile Kruscev. Il· libro di cui si parla in questa occasione ha un carattere risb·etto; e non testimonia, se non per accenni incidentali, delle idee generali dell'Autore intorno al sistema economico americano. Anche sul piano storico i suoi obiettivi sono limitati: contiene, infatti, soprattutto la cronistoria e l'esame degli avvenimenti di borsa che si conclusero nel « crack » dell'autunno 1929, con una· appena succinto riferimento ai fatti ex,traborsistici che condussero alla depressione degli anni trenta. Di fronte, anzi, alla prevalente tendenza degli studiosi di attribuire al crollo di borsa il carattere di « sottoprodotto » di una crisi generale, il Galbraith è. portato a sottolineare la parte per ·così dire autonoma, e « causale », svolta - non meno che dalle tendenze in atto fuori della borsa - dalle vicende di Wall Street. Già Keyn·es aveva osservato - scriveva nel 1935 e aveva certo l'occ-hio soprattutto all'andamento della borsa americana nel quinquennio 1925-29 - cl1e « in uno dei maggiori mercati di investimento del mondo, New York, l'influenza della speculazione è enorme» (e intendeva per speculazione l'opposto di « intraprendenza »; definita quest'ultima c9me « l'attivit~ di preve .. dere il rendimento prospettivo dei beni capitali »); e, ancora, che « è raro - si dice - che un americano investa, come fanno ancora molti inglesi, ~ per il reddito ' » e che quindi « un americano non sarà molto disposto ad acquistarè un ìnvestimento se non nella speranza di un aumento del valore capitale ». . · Americane o non soltanto americane che si~no, in generale, queste· ca.;. 120 iblioteca· Gino Bianco .I .,
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