Nord e Sud - anno VII - n. 5 - giugno 1960

ressante nota de cc Il Nuovo Osservatore » rilevava come il vero ostacolo alla traduzione dello Schema Vanoni in cc Piano » fosse costituito dal timore di novità da parte degli uomini di Governo e dei loro sostenitori in Parlamento, noncl1è da una sostanziale inerzia degli esponenti La Pubblica Amministrazione dovrebbe, peraltro, « correggere, se mai, quelle conseguenze delle dure leggi del mercato, che ledano i futuri sviluppi ». Lo studio prosegue elencando i fattori secondari (che riguardano il comportamento dei grandi operatori globali) per concludere che « getta il suo tempo colui che si sforzi di ricondurre lo sviluppo ad un solo fattore (ad esempio la politica statale) fra i moltissimi da cui esso dipende». Le teorie del Nurkse e del Myrdal « che pongono spesso in luce come esista un circolo vizioso per la povertà » vengono ricordate per concluderne: « del resto che vi sia una sorta di abitudine al risparmio è palese, e che il risparmio acquisito e premiato induca ad altro risparmio, s'intende facilmente. Che la iniziativa verso investimenti, dettati da innovazioni ardite, sia sospinta dai risultati conseguiti in precedenza, è pur facilmente comprensibile; come del resto sembra evidente che un sistema bancario• tanto meglio governa la propria moneta, quanto più favorevole esperienza ha in questo campo ... infine, anche il Resto del Mondo si mostra di norma più favorevole ad investire capitali in un Paese in ordinato sviluppo che in paesi depressi o in regresso ». Lo studio citato non contiene alcun errore di logica, ma si prova davanti ad esso la stessa perplessità che ci dà un bel vaso etrusco dalle linee perfette, di cui si sarebbe però imbarazza ti a definire l'uso che ne facevano gli etruschi ai loro tempi, e, peggio ancora, l'uso pratico che se ne potrebbe fare oggi. Lo studio conclude, naturalmente, che e< la conoscenza delle leggi dell'economia giova a tutti, ed in ispecie a chi s' industria di stendere progetti di politica economica ». Difficile sarebbe il negarlo. Si può però obiettare che, ove si adotti la visione mitica dell'imprenditore-rispar1niatore-investitore come protagonista assoluto dello sviluppo, a cui le dure leggi del mercato assegnano il compito di effettuare ardite innovazioni affrontando un « rischio », sarebbe contraddittorio stendere progetti di politica economica, come lo sarebbe stato al tempo del « laissez faire ». In realtà la grande protagonista del processo di sviluppo economico è la gigantesca « anonima » privata a partecipazione statale. La figura dell'imprenditore proprietario-risparmiatore, è stata sostituita da quella del grosso dirigente, che non « rischia » il suo danaro e nemmeno rende veramente conto agli azionisti (salvo che al pacchetto di controllo) dell'impiego del loro; mosso non dalla speranza del cc profitto », ma dalla più potente molla dell'agire umano - il desiderio del potere - è spinto a lottare su due fronti: verso l'esterno, per estendere il potere anche politico dell'azienda, e quindi il suo (con i gravi pericoli che ne derivano); e verso l'interno, per minimizzare il controllo delle assemblee (a cui vengono presentati gli stessi bilanci che servono a frodare il fisco). Gli ammortamenti normalmente gonfiati e gli investilnenti derivanti da autofinanziamento sono uno degli stn1menti per aumentare il potere del dirigente, razionalizzato come cc patriottismo d'azienda ». La situazione presenta dei vantaggi per la collettività in quanto appunto tende a contenere i profitti e a stimolare i nuovì investimenti; senonchè questi ultimi non 86 Biblioteca Gino Bian.co

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