Nord e Sud - anno VII - n. 5 - giugno 1960

spolverare fin l'ultimo aneddoto, quello delle mozzarelle come quello della ' fenestella ', accuratamente evitando quello che bisognerebbe dire sulla natura di Di Giacomo cl1e è di autentico poeta, anche se per alcuni versi legato a motivi contingenti di gusto. Intanto, per interni gorgoglii borbonici e per reticenze conformistiche nei confronti dei più anacronistici· pregiudizi clericali, non si trova come celebrare l'Unità d'Italia, ed ogni cosa rimane al livello sterile del conato, mentre c'è sempre chi intraprende il viaggio gastronomico del Sud e trova chi gliene pubblica il « journal ». N,elle città dove l'intelligenza pizzaiola riceve il riconoscimento uffici~le e monopolizza l'informazion,e non c'è tempo da perdere; e il servire una causa diversa assume le poco rassicura_nti tinte di un'evasione. Tuttavia, ci sembra che, quando si critica la mezza-cultura napoletana, lo si faccia per avversione ad un provincialismo ormai ammuffitò, ovvero per generici motivi di ·gusto: rimanendo cioè nella sfera di sensibilità che caratterizza proprio la cultura che si condanna. Sfugge così a· molti che non n-e fanno oggetto di giu1izio politico e, in primo luogo, morale, il suo carattere apologetico della reazione. A tale scopo sarebbe interessante tracciare una fisiognomica completa dell'incultura locale; ma ci sembra sufficiente descriverne il tratto maggiormente aberrante: il napoletanismo. Esso non solo costituisce, e qui sciupo parafrasandola una b-ella espressione del Tornasi di Lampedusa, quel sedimento di lutto che è la vera causa della morte della cultura; ma si pone altresì come ideologia, che svolge un'azione di filtraggio della realtà ed è asservita a cause culturali o, propriamente, politiche: dal momento che costitt1isce uno dei cardini della demagogia armatoriale. È doloroso rilevare questa situazione nella città che è stata per lunghi .anni, anch•e se per opera di un solo uomo, all'avanguardia cultural.e; ma la stessa lezione del Croce è malamente capita e per molti la ~toria del mondo si è conclusa in via Trinità Maggiore. Ogni fermen- .to .di novità è assorbito dall'accidia locale, ogni esperienza innovat~ice è sottoposta a rid11zione quasi sempre fatale. Gli ultimi sprazzi di una cultura a livello nuovamente europeo scompaiono col precipitare della città nella retorica più abbietta, e la mezza-cultura, ispirata al- .l'i~certezza e alla cattiva coscienza, mostra il suo carattere apologetico dello ·stato di cose. _ . Ciò che distingue il napoletanismo nelle due forme, culturale e politica, è una certa dose di estetismo che accompagna il primo senza però alterare la sostanza che si presenta, i11entrambi i casi, reazionaria. Provatevi a dir-e ch,e credete fermamente che la figura morale di un p~polo si misura dalle forme e dalle istituzioni in cui si esprime; e ritiratevi poi in romitaggio per sfuggire al ricatto della mezza-cultura a . ' sp·ada sguainata invocante l'anima del napoletano e il colore locale. Accusare un popolo intero, sia pure con la pena nel cuore, vi farà giungere da ogni parte rimproveri che dimostreranno la vostra incapacità a co~giungervi con la natura napoletana al di sopra dei napoletani reali. L'amore per le piccole cose, per il patrimonio degli usi e 70 Biblioteca Gino Bianco I

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