Nord e Sud - anno VII - n. 5 - giugno 1960

In questo ambiente anche la vita religiosa assume un suo altissimo significato, superamento e catarsi dal dato materiale di una condizione disumana; grazie ad essa la società contadina cc ritrova il profondo sentimento della fratellanza nel borgo che ridiventa '' comunità religiosa di laici", e nella più ampia comunità della cristianità contadina, cl1e onora S. Michele a Monte S. Angelo del Gargano o negli altri infiniti santuari meridionali e di cui si ritrova partecipe della fratellanza con tutti gli uomini, e immersa nell'universo soprannaturale della Chiesa » 48 • L'universalità del Cristianesimo avrebbe compensato l'isolamento storico delle campagne, facendole parte della cc cristianità storica » e di qualcosa che il Lacalamita ama definire cc realtà universale metastorica ». Ma non basta, chè oltre ai cc valori » familiari e religiosi, ve ne sono altri più propriamente culturali: verità assolute scoperte dai contadini e, assieme, modelli di vita e fonti normative dei comportamenti della comunità. Alla « civiltà contadina >> va anzitutto il merito di aver scoperto la famiglia come società naturale e di averla s~puto conservare impedendone la disgregazione; di aver poi realizzato « una unità organica della società ... necessaria a garentire l'unità e l'omogeneità rassodano o si fanno operanti, cadono le diffidenze, si aprono le possibilità di una nuova pi~ dinamica organizzazione ». Ora, però, dire che « in Italia Meridionale le comunità naturali di remotissima formazione hanno conservato più integri volto e compagine » non significa che per questo sia più facile individuare e riattivare il « centro » ai fini di un rinnovamento democratico. In realtà, pur ammettendo la grande utilità di « centri sociali » veramente efficienti, con una partecipazione « cosciente » da parte dei contadini, oggi, a parte ogni indulgenza sentimentale, di questi centri non esiste neanche l'ombra. Il «vicinato» è una istituzione - se anche può definirsi tale -----·estremamente labile, impercettibile; il senso politico - limitato ai rapporti interni - è perciò più che embrionale, estraneo, co1ne riconosce lo stesso Musatti, al cc rapporto più vasto e dinamico con altri gruppi e con altri problemi », mentre « la stessa coscienza della realtà del gn1ppo è scarsa o comunque nebulosa ». D'altra parte - come giustamente osserva BANFIELO (op. cit., pag. 14) - il vicinato è sh·ettamente legato alla situazione contingente. Una volta venuti a mancare i presupposti materiali della contiguità e della reciproca necessità di un eventuale aiuto, gli ex-vicini interrompono ogni rapporto. Sostenere quindi, come ha fatto DE RITA (Il vic-inato come gruppo, pag. 18), che bisogna valorizzare e potenziare il vicjnato come gruppo sociale, è un'affermazione che va corretta nel senso di dover cc creare » questi gruppi su presupposti diversi che non siano le chiacchiere delle comari, i piccoli prestiti, il sospetto o, nella migliore delle ipotesi, la carità interessata. 48 L ·t 73 ACALAMITA, op. Cl ., pag. . 40 Biblioteca Gino Bianco

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