selvaggio », la leggenda della felicità contadina tutto questo noioso e ingombrante bagaglio che taluni vanno trascinando da anni, puntualmente presente sotto spoglie diverse, ma sempre vecchio ed eguale nella storia delle nostre lettere 10 ; questa « amorosa menzogna » insomma, può anche perdonarsi per la sua fondamentale innocuità e per la sua capacità, in casi a·ssai rari, di riscattarsi in opere di vera de notre milieu habituel, l' évasion, la découverte et l' exaltante magie du solei! >>, o, ancora, e con più aperto richiamo alla tematica leviana: « .•• en verité le Midi est un pays dans notre pays, une civilisation originale à l'interieur de la civilisation nationale ». 10 La « scoperta » dell'animo contadino, almeno nella nostra letteratura, ha precedenti lontani e, relativamente ai bardi di oggi, assai illustri. In una pagina che sembra avere ispirato direttamente certa saggistica o certa narrativa del dopoguerra, il Nievo, parlando della sensibilità rurale affermava: « ..• succede a lei quello che avvenne alle piante b·opicali sorprese nelle terre polari dal raffreddamento terrestre; chè la vegetazione fu sospesa, e rimasero nè morte nè vive, esseri d'altro tempo, d'altro clima, estranei affatto alla vicenda de' mondiali avvenimenti. E di tali anime molte s' ascondono sotto la ruvida . corza de' nostri coloni, ne' quali sembra trapassare per eredità e viver continuo lo spirito di qualche remoto bisnonno; e noi tacciamo quei poveretti di morale obesità, mentre è memoria intima d'un passato volto a diverso avvenire, e sfiducia rassegnata nelle sociali sconcordanze. Si grida ovunque 'educateli!'. Ma pur bisogna apprendere prima di educare; ed io griderei: 'studiateli, amateli, imparate da essi ' : poi apprendete loro quelle poche nozioni utili delle quali vi siete avvantaggiati voi, o macchine moderne civili, con tanta jattura di felicità e di giustizia. Ma soprattutto non mandate loro missionari parolaj che insegnino la lettera, ma apostoli che trasfondano in essi lo spirito e professino la scienza della Vita e la Religjone della morale, non la dottrina dell'inutile e la filosofia del tornaconto I Verità e pratica, non sofisma e teoria! I Ecco se la volete l'educazione • delle anime primitive che vivono più di tutto nel cuore ». Oppure, con maggiore efficacia, e con linguaggio certamente più accessibile del dettato bagettiano: « Non bisogna al postutto P!endere ad immegliare le condizioni de' contadini come se si trattasse di una razza di cavalli; l'uomo prima di ogni altra cosa ama la libertà, onde converrà eh~ l'insegnamento ... si contemperi, momentaneamente, con l'abitudine; se l'insegnamento è buono ed utile, lasciatelo fare che naturalmente prenderà il disopra ... Insegnare il buono; capite? Non trasfondere noi i~ essi, il che sarebbe farli cadere dalla padella nella brage ». Se una posizione del genere, un secolo fa, poteva considerarsi addirittura rivoluzionaria, comunque profondamente illuminata, oggi, dopo quasi un secolo di studi e di esperienze, di essa non resta che l'invito alla « verità » e alla pratica. Del resto, a parte la vocazione tardo-romantica per la « rusticale famiglia » e l'odio alle « sconciature cittadinesche » non si dimentichi che i contadini di cui scrive ed ai quali pensa Nievo, erano e sono in una ben diversa condizione ciivle che non i nostri qui al Sud. Ma per un' e5atta interpretazione della polemica nieviana e dei suoi limiti, cfr. l'introduzione di E. BARTOLINI all'edizione delle Novelle Campagnuole (Mondadori, 1956). 22 BibliotecaGino Bianco
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