Nord e Sud - anno VII - n. 4 - maggio 1960

rienza di lavoro per la SVIMEZ, le Regioni mi si sono costantem.ente preseritate come il punto di attacco più razionale per affrontare, anche solo sul terreno della comprensione, l'esame della situazione economicosociale del nostro Mezzogiorno e piiì in generale dell'intero nostro Paese. Tu conosci - per averli segu.iti da vici110 - gli s-forzi che in questi ultimi anni, dopo la preparaziorie dello Schema Vanoni, siamo venuti facendo per dare ai programmi di sviluppo dell'economia ita- - liana una base cli concretezza, attraverso l'avvio di i1iiziative per la f ormulazione di «schemi>>, «piani» e «programmi>> regionali. È stato infatti mio profondo convincimento che se si f asse riusciti a disporre cli una conoscenza regionalmente articolata delle cattse clie impediscono l'economica combinazione tra popolazione e risorse, e delle condizioni - e dei limiti - in cui, attraverso interventi di politica economica, è possibile pervenire, in ciascuna regione e nell'fntero Paese, a situazioni di più piena occupazione dei fattori produttivi, si sarebbero create le premesse per ·finalmente avviare una politica economica eff ettivaniente e in tutto conforme alle generali indicazioni dello Scl1ema Vanoni. Ma mi accorgo di essere già entrato in qualche modo, con questi accenni, 1iel vivo del discorso, o almeno del niio discorso. In che senso, infatti, la Regione presenta iin iriteresse per un << econornista dello sviluppo », come tu mi definisci? L'economista non è certo insensibile agli aspetti istituzionali e costituzionali del problema; ma non è certo a qitesti che porta il massimo di attenzione. Egli vede in ttna articolazione regionale della vita dello Stato la possibilità di pervenire aJrizitutto ad una conoscenza << reale »e non «mediata>> della situazione economica e sociale del Paese, base per interventi di politica economica confarmi alla realtà e differenziati in, rapporto appunto alle differenze di fatto esistenti tra le varie zone italiane. Ma è, questa esigenza, necessaria1ne11te connessa alla creazione di Regioni costituzionalmente abilitate a compiti politici ed amministrativi? O il problema non è piuttosto quello di far maturare, sia al centro che in periferia, delle forze che, dotate di serisibilità, di capacità e di j competenze specifiche, possano portare avanti delle istanze concrete \ di rinnovamento, ma che n.on è detto debbano necessariamente trovare una « tribuna regionale » per rnanif estarsi? Certo, non possiamo disconoscere che abbiamo fatto dei grossi passi avanti in questo dopog11erra, superando gli allarmi e i timori di quanti addirittura temevano che il solo fatto di parlare di un Mezzogiorno in contrapposizione ad un Nord spezzasse l'unitè del Paese. E 96 Bibliotecaginobianco

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