presi tutti gli accorgimenti possibili per eliniinare dallo sp ettacolo quelle parti ritenute non ortodosse. Ma a nulla è valso questo spir ito conciliante della direzione del teatro, dettato da ragioni di quieto vivere p iù che da coscienza dei propri doveri. Così le prove, che hanno impegnato a Napoli per due me si la Tcherina, il maestro iugoslavo von Matatic e a/,cuni artisti della « Comédie française », si sono svolte in una atmosfera di incertezza, resa più. evi dente dai vari rinvii che la rappresentazione subiva senza giustificati niotivi, salvo l'ultimo, dal 9 al, 20 aprile,. disposto in considerazione del fatto che non si voleva far coincidere la data delle repliche con la settimana santa. I rinvii mascheravano malamente l'imbarazzo delle autorità comunali napoletane e dei dirigenti del San Carlo, timorosi di assumere, di fronte alle pretese de lla Curia, un atteggiamento autonomo e deciso, conforme alle proprie respo nsabilità e ai propri doveri di organi dello Stato, i quali non possono e non devono ammettere ingerenza da parte di chicchessia, nella sfera delle proprie competenze, tanto più quando questa ingerenza è ingiustificata, come nel caso specifico, essendo la moralità dello spettacolo fuori discussione. La situazione doveva però precipitare, eliminando qualsia si speranza di compromesso, che per tutto il periodo delle prove non aveva abbandonato la direzione del teatro, quando fu resa pubblica, attraver so la pubblicazione sulla cc Croce», una nuova condanna arcivescovile firmata, come abbiamo già detto, dal vicario 1nons. D'Agnese. La Curia rimaneva fe rma nel proprio atteggiarnento, il Teatro avrebbe dovuto assumere un attegg iamento altrettanto chiaro: gli sforzi fatti per evitare che della questione f asse inf armato il pubblico attraverso la stampa napoletana non avevano più senso dal momento che la Curia si rivolgeva di nuovo direttamente al pubblic o e al tempo stesso la stampa nazicm,ale cominciava ad interessarsi alla questione. Crescenzo Guarino, infatti, sulla « Stampa» di Torino già il 14 dava notizia del « veto » pronunciato dalla Curia napoletana alla rappresentazione del Martirio; subito dopo tutti i giornali di Napoli, prendevano posizione. E bisog·na riconoscere che essa è stata unanime nel rivendicare l'autonomia delle decisioni del San Carlo, e nel deplorare l'ingerenza ecclesiastica (sia lecit o a noi, che fummo assai duri nel giudicare l'atteggiamento del « ~1 attino » a proposito della Dolce · vita, dì esprimere il nostro compiacimento per la posizione che il giornale di Ansaldo ha assunto questa volta). Perchè le autorità comunali e i dirigenti del nostro massimo teatro non hanno sentito che mai come in questo mometnto esse av evano il dovere di non cedere ad una imposizione, indebita dal punto di vi sta dei rapporti tra poteri pubblici ed autorità ecclesiastiche, e illogica e ingiustificata dal punto di vista dello stesso giudizio che della rappresentazione po ssono dare i cattolici, se è vero, come è vero, che perfino in lspagna la Tcherina h a potuto interpretare l'opera-ballo di D'Annunzio e Debussy col con senso delle autorità ecclesiastiche? È questa una domanda che contiene già un giudizio, il qua le non può essere che di ferma condanna del comportamento del Commissario comunale e del Consiglio di amministrazione del San ·Carlo. Sappiamo - e le cronache 87 Bibliotecaginobianco
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