Nord e Sud - anno VII - n. 4 - maggio 1960

libro in strati più vasti della popolazione, è piuttosto povera di iniziative. Colpisce anzitutto la sproporzione tra il gran numero di edizioni lussuose e costose, destinate a pochi privilegiati, e i pochi libri di buon livello culturale sta1npati in edizioni economiche e adeguatamente presentati al pubblico: se ne arguisce un senso di rassegnazione all'igr10ranza dei pjù che è davvero scoraggiante. In America i pocket books hanno rivoluzionato la lettura: di quasi ogni libro si usa ormai fare anche 11n'edizione tascabile ed economica, e la presentazione è capillare, quasi ossessiva. Queste edizioni si trovano dappertutto. Da noi un paio di grossi editori hanno dimostrato che si possono stampare otti1ni libri :1. prezzi molto bassi, accessibili a tutte le borse, e che di fatto si vendono in gran numero: ma purtroppo l'iniziativa non si è generalizzata, e per di più è rimasta li1nitata solamente a certe categorie di libri. La responsabilità della diff11sione del libro non è certo tutta degli editori: lo scarsissimo numero di librerie, ad esempio (un decimo, a quanto si dice, di quelle di un Paese, come il Giappone, che ha un reddito pro capite inferiore al 11ostro), e la loro co11eentrazione nel centro delle città, per ct1i vastissime zone residenziali sono escluse da un regolare contatto, sia pur visivo, col libro, hanno indubbiamente un peso non trascurabile·. Eppure si ha l'impressione che resti agli editori un largo margine per tentare esperimenti e tecniche nuove di propaganda e di presentazione del libro .. n1a che essi non abbiano ancora trovato il coraggio per lanciarvisi con adeguate forze. Molti buoni editori preferiscono fare i salti mortali per pubblicare un gran numero di titoli in bassissime tiratt1re, piuttosto cl1e impeg11arsi ad allargare, tenendo conto delle esperienze altrui, il pubblico dei lettori di libri di valore. Ancl1e qui siamo be11 lontani da una coscienza veramente -democratica della c11ltura, e del suo rapporto con il progresso civile della società. Quanto alla Stato, è abbastanza evidente che esso, come ha detto Riccardo Bauer, non considera affatto un servizio 1Jubblico la diffusione della cultura. Negli a11ni 11assati gli scritti ai corsi di cultura popolare organjzzati dal Ministero della P. I. sono stati in media 300.000, n1entre secondo il censimento del 19,51 i cittadini privi di licenza elementare erano 24 milioni. Nel 1957 i cc ce11tri di lettura » istituiti dallo stesso Mi11istero sono stati qt1asi 4.000, ma con una n1edia di 30 lettori ciascu110.Poi ci sono quei magnifici giocattoli che si chiamano bibliobus, i quali, però, in numero ridicolmente insufficiente rispetto ai loro stessi programmi hanno svolto un'attività assolutamente episodica, che non è riuscita a dare alct1n frutto duraturo. Si deve forse co11venire che uno Stato, il quale si è dimostrato finora incapace di risolvere i problemi più elementari della sct1ola - le aule, i maestri - non l)UÒ fare direttamente pjù di questo, nel campo dell'educazione popolare? Ma allora potrebbe perlomeno incoraggiare e sostenere quelle iniziative private che affrontano seriamente il problema della diffusione della cultura. Proprio qui, tuttavia, si impongono le note più dolenti. 64 Bibiiotecaginobianco

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