mente chiamati Enti Comunali di Assistenza), che, specialmente a Milano, disponevano e dispongono di un ricco patrimonio, finanziato soprattutto con i proventi del bilancio comunale. I precedenti, quindi, del problema della finanza locale vanno ricercati in questo scontro tra Stato e Comuni. E il fascismo, anche in questo campo, non seppe trovare la via giusta. Il ministro Volpi, nel '25, creò un guazzabuglio riaccordando agli Enti locali vecchi tributi, con l'implicita facoltà agli stessi di ampliare le spese; per cui i disavanzi continuarono ad aumentare in sempre maggiore misura. Poi, nel 1931, fu approvato un Testo Unico della Finanza Comunale e Provinciale, che resse fìnchè resse il regime fascista: alla caduta di questo, apparve più che manifesta la debolezza della sua intelaiatura. Infatti, detto Testo Unico, non aveva affrontato per niente il problema delle spese, vale a dire il problema dei servizi; non aveva saputo definire, cioè, quali ·erano i compiti dello Stato e quali quelli dei Comuni. E tuttavia si può affermare che ad una tale defìnjzione il governo fascista era pur arrivato; ma alla maniera sua, da regime totalitario. I Comuni non ebbero più sindaci e assessori eletti dal popolo, ma podestà di nomina regia, che perseguirono t1n'arida politica di ordinaria amministrazione : il comune cessò quindi di essere un organo che doveva venire incontro alle tante necessità popolari. E qt1ando i Consigli Comunali tornarono a riunjrsi, dopo la caduta del fascismo, i problemi dei Comuni ritornarono a presentarsi con maggiore ampiezza, anche e sopratt11tto a causa delle distruzioni belliche. Mentre lo Stato risorgeva, sorretto da una visione più moderna dei diversi e più numerosi problemi sociali, i Comuni cercarono faticosamente di ritornare ad essere i più immediati sostenitori delle più urgenti necessità popolari. Ma le spese, come al solito, non sono state mai pareggiate dalle entrate; e i disavanzi e gl'indebitamenti degli Enti Locali sono cresciuti negli ultimi anni in progressione geometrica. Si parla adesso di disavanzi che raggiungono in totale la cospicua cifra di 900 miliardi, nel 1959, e di indebitamenti per oltre 200 miliardi. Ma, come si sa, anche in questo campo, l'Italia è divisa in due, giacchè è quella meridionale che presenta disavanzi più grossi, è nel Sud cl1e esistono cioè i Comuni più indebitati, sono Roma e Napoli che abbisognano di leggi speciali per coprire i loro disavanzi. Il problema ad. un certo punto diventa il nostro solito problema, la questione meridionale, per intenderci. Ma occorre pure che noi si faccia un po' l'at1tocritica; perchè, se son vere le condizioni poco sane d,ell'economia dei Comuni meridionali, dobbiamo aggiungere che la loro disamministrazione è endemica e, si potrebbe dire, tradizionale. E così dobbiamo aggiungere che i Comtmi del Nord riescono nella maggior parte a pareggiare i loro bilanci, pur perseguendo una più attiva politica di pubblica spesa, pur continuando ad adottare provvedimenti di natura sociale che nel Sud i Comuni non si sognano neanche di impostare. 49 Bibliotecaginobianco
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