nale? Non può darsi che queste ultime abbiano raggiunto - per quanto riguarda gli insediame11ti industriali - i limiti della saturazione, sia pure in senso relativo (ossia in termini di costi e rendimenti alternativi)? Si noti che proprio attraverso una organica politica di decentramento, individuando nel Nord alcune zone di « espansione industriale», si potreb~e dar soddisfazione alle « richieste » di industrializzazione, a qt1elle che si riconosceranno più manifestamente fondate e promettenti. Ed è qui che subentra la famosa questione delle << aree depresse » del Nord, di cui già disse la nota redazionale dello scorso dicembre. Francamente il fenomeno di sei stabilimenti che sorgono « in virtù » di una esenzione decennale dagli oneri fiscali - più precisamente, di parte degli oneri fiscali - creando 500 posti di lavoro in un comune di 9.000 abitanti mi convince assai poco e dovrebbe convincere assai poco non diciamo quanti si sono. occupati dell'industrializzazione meridionale, ma chiunque abbia anche una superficiale dimestichezza con l'esperienza delle vecchie « zone industriali» create in passato nell'ambito àello stesso Nord. Ci sembra estremamente probabile, cioè, che o dette industrie avessero motivi economici « obiettivi » per insediarsi a Trino, con o senza: esenzione (e quest'ultima, allora, si risolve in elargizione gratuita e senza scopo) oppure, nella migliore delle ipotesi, che dette industrie avrebbero trovato economicamente indifferente localizzarsi a Trino od in altro Comune prossimo o, magari, nella stessa Torino e dintorni: ed in entrambi i casi una organica politica· di decentramento avrebbe dato gli stessi od anche migliori frutti. Perché questo è il nocciolo della questione, a nostro avviso: l' espa11sione industriale nel Nord, ove essa vada perseguita preminentemente al di fuori delle localizzazioni tra'.dizionali, dovrebbe essere regolata nari attraverso iricentivi straordinari del tipo di quelli predisposti per il Mezzogiorno, · di carattere << positivo » od « attivo »; ma attraverso incentivi << negativi » e, per così dire, « resistenze passive ». A fronte delle << aree di espansione », cioè, dovrebbero individuarsi le <e zone di congestione » ove poter opporre u1i efficace « no » alle nuove localizzazioni: specie a quelle di maggiore dimensione ed importanza. E questo attraverso gli strumenti che si riterranno più idonei e che potrebbero non essere necessariamente del tipo dei divieti e dei permessi usati in Gran Bretagna. La pianificazione territoriale delle grandi opere di infra·strutture pubbliche, la politica dell'edilizia popolare, l' ammi11istrazione del credito agli enti locali, per citarne solo alcuni, potrebbero costituire buoni strumenti per «ridurre>> la forza d'attrazione delle aree di loca34 Bibiiotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==