briche nuove. E ciò si può affermare non soltanto per le grandi città come Milano, Roma, Napoli, Palermo, etc., ma anche e soprattutto per quegli insiemi ambientali delle piccole città di provincia nelle quali l'offesa dei vari palazzi delle Prefetture, case del Fascio e del Governo, Questure e Uffici Postali, etc. suonò ancora più tetra e sinistra. Non vo1Temmo neanche parlarne se non ci spingesse la constatazione che l'equivoco del monumentale che invase le nostre piazze e involgarì tanta parte dell'edilizia del ventennio, sussiste ancora, in numerosi casi, nelle architetture ufficiali: prova ne sia il Ministero degli Esteri recentemente compiuto a Roma e la maggior parte degli edifici che si costruiscono da parte di Enti pubblici. Tutto ciò è coerente con la mancanza di modestia tipica di noi italiani, per cui l'equivoco della rappresentatività e della monumentalità sussiste ancora, soprattutto nella classe dirigente (ed anche in ciò il divario tra Nord e Sud è cospicuo!), assai più del talento e del gusto che il Pevsner ci attribuisce. Del resto, neppure la succinta valutazione dell'architettura dell'ultimo dopoguerra, presente nel libro, ci trova del tutto consenzienti: cc Ma lo stile del nostro tempo, che ora gode di un riconoscimento generale, è realmente lo stesso stile che i pionieri dei primi del secolo crearono, e che i grandi architetti degli anni 1925-35 svilupparono e rafforzarono? Certamente da parecchi punti di vista è così; ma da altri dobbiamo, anche se questo riconoscimento è preoccupante, ammettere che non è più lo stesso » (p. 355). Se si può concordare con l'affermazione che è in atto cc la scomparsa dell'individuo singolo quale committente », è però indispensabile notare che il mutamento in atto nell'architettura moderna è l'acquisizione di un legame storicistico e la corrispondente reazione al meccanicismo, che ha sostituito, all'accademia stilistica, quella funzionale. D'altronde se il linguaggio architettonico moderno si è spersonalizzato, ciò non è dovuto tanto al fatto che << uno stile impersonale quale era rappresentato dai funzionalisti del 1930 sia più adatto ad uno sviluppo di questo genere » ( cioè ad una collettività impersonale che sostituisce il committente singolo) di quanto non lo sia uno stile · storico »; ma piuttosto alla facilità degli scambi tra i vari paesi, ai reciproci contatti fra essi, alle nuove esperienze tecniche comuni a tutti i popoli, ed a quelle che il Pevsner stesso chiama << le conquiste specificamente sopranazionali della tecnica moderna » (p. 358). Egli stesso riconosce che le differenze sussistono ancora tra i vari paesi, nel campo edilizio, anche se non si pronunzia sulla necessità che tali differenze, pur nelle comuni conquiste tecniche e tecnologiche, siano conservate per la produzione futura. Finalmente concludo ricordando l'asserzione dell'Autore che << in architettura una volta per sempre non c'è posto per la stoltezza, e neppure per il « gioco » se non sotto presupposti estremamente rari... In ogni stato d' anirrio, essa si deve dimostrare ricca di significati: in altre parole deve essere seria... Ciò che per principio è negato all'architettura è l'essere frivola ed irresponsabiÌe. Proprio questi attributi corrispondono a molte architetture sorte negli ultimi anni, con la loro acro ba tica strutturale e le loro capriole formali » (p. 369-370). Ma anche questa affermazione è poi esatta e convincente, e, se lo è, vale soltanto per l'architettura? Quante architetture ba121 Bibliotecaginobianco
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