Nord e Sud - anno VII - n. 4 - maggio 1960

zioni, ma giustapposizioni tra i vari periodi », aggiunge, quasi unica riserva, che « la contrapposizione di architettura plastica (greco-romana) rispetto a quella spaziale europea troverà sicuramente qualche avversario ». La recensione di Leonardo Benevolo in « Casabella continuità» (ottobre 1959, n. 232, p. 29) è anch'essa sostanzialmente elogiativa: cc il racconto dell'esperienza architettonica europea serve così come premessa alla comprensione del movimento moderno; il valore del libro è tutto qui: nel presentare l'eredità arcl1itettonica del passato in maniera aperta verso i problemi del presente, evitando del pari le polemiche moderniste e la fedeltà letterale ad una tradizione in parte superata ». In realtà considerare « lo scopo del Pevsner non di descrivere il movimento moderno, bensì di ricostruire i lineamenti generali della tradizione architettonica europea, che del movimento moderno è l'immediato presupposto », ci sembra alquanto parziale, e assai vicino a quanto avviene spesso nelle riunioni di una certa parte ufficiale della nosb4 a cultura architettonica: si prendono le mosse ab ovo~ rifacendosi con un lungo discorso alle origini, per poi essere alquanto sommari e eccessivamente concisi nella parte che più interessa il chiarimento della questione. In altre parole, per inquadrare il Movimento Moderno nella sua genesi, era poi necessario partire dal tempio greco? Un'ultima considerazione dobbiamo aggiungere relativamente all'ultimo capitolo, a proposito dei problemi italiani e dell'architettura in Italia nell'ultimo trentennio. Il Pevsner, pur condannando decisamente e più volte l'architettura delle parate ufficiali delle dittature, non escluso il nazismo e il comunismo (p. 345, 355, etc.), scrive che « il fascismo in Italia ebbe certamente più successo nell'uso di questo stile (sic), cl1e aveva per programma degli edifici imponenti e comprensibili al vasto pubblico ... Lo stile moderno si era finora appena affacciato, in Italia, e quindi l'accettazione della variante fascista si potè svolgere senza frizioni ed inciampi. In più agli ItaHani venne in soccorso il loro speciale talento per i grandi edifici; un talento che, nel campo degli edifici di rappresentanze e di lusso, li preserva, più di altri popoli, dalla volgarità e dalla mancanza di gusto ... ». Ed aggiunge (p. 346): « D'altra parte 11 ussolini non vieto categoricamente lo stile del ventesimo secolo, e dimostrò anzi, qualche volta, una tolleranza sorprendente ... ». In realtà, chi abbia maggiori cognizioni dell'ambiente italiano, non può fare a meno di ricordare la lotta che il gruppo della rivista << Casabella » condusse per opporsi all'architettura fascista, e per riaffermare l'architettura moderna, già diffusa nei paesi liberi, in luogo della megalomane retorica di un Piacentini o di un Bazzani. Se in taluni casi, come in quello della stazione di Firenze, dovuta al gruppo ~1ichelucci (p. 346), fu tollerata qualche espressione autenticamente moderna, la grandissima maggioranza dell'esperienza fascista fu negativa, non solo nello svolgimento dei concorsi (la rubrica Vent'anni fa della rivista ((L'architettura » è, a tal proposito, illuminante), ma ancora di più nelle concrete realizzazioni. Le architetture ufficiali che ostentavano marmi costosi in un paese povero ed in gran parte depresso, si imposero in maniera violenta, così da risultare in generale assolutamente estranee all'ambiente preesistente, mortificato e talvolta addirittura annientato dalle fab122 Bibliotecaginobianco ..

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==