battuto, l' A., pur ribadendo che cc i materiali diventano architettonicamente validi soltanto se l'architetto è capace di conferire loro un significato estetico » (p. 6), cioè una validità espressiva, col che concordiamo, ritorna su tale concetto per affermare che « materiali nuovi creano la possibilità di nuove forme ed anzi pongono l'istanza di nuove forme ». Anche qui, non è piuttosto l'artista che si avvale dei nuovi materiali configurandoli alla sua rinnovata sensibilità? Ma, oltre a queste riserve, nel corso della lettura si constata che il Pevsner concepisce una storia dell'architettura, se non per tipi, certo per esempi; cioè soltanto attraverso gli edifici a suo giudizio più rappresentati i di un dato periodo storico : così del Rinascimento italiano, l'epoca più ricca di personalità creatrici che il mondo abbia avuto, sono presenti nel volume soltanto alcune opere dei maggiori artisti. Con la storiografia tradizionale egli ripete che il palazzo della Cancelleria è opera di architetto sconosciuto (p. 149), n1entre l'attribuzione al Bramante appare ormai sicura sulla base di un più moderno giudizio critico dell'opera; altrove (p. 132) il criterio filologico spinge l' A. a rammaricarsi di non conoscere l'edificio romano fonte d'ispirazione per il Brunelleschi per la chiesa di S. ~1aria degli Angioli degli Scolari, o addirittura che la Tribuna dell'Annunziata di Firenze (ivi), opera di Michelozzo Michelozzi (1444), è la « copia di un edificio romano esistente ». In entrambi i casi si tratta di considerare, con maggiore spregiudicatezza di giudizio, l'opera d'arte in quanto tale, per definirne la validità espressiva. Nella definizione del rapporto fra antichità e creazione oggettivata, dobbiamo rivendicare la massima libertà artistica alle opere degli architetti del Rinascimento anche nei casi in cui un esame puramente estrinseco e filologico, ci consentirebbe di affermare una più stretta derivazione dal « modello » antico; nè più nè meno di quanto è stato già osservato a proposito dei rilievi di monumenti antichi eseguiti dai maestri del Rinascimento, in cui è assente l'intento archeologico documentario, per una più libera espressione artistica (Pane, "A1ausoleiro1nani in Ca1npania, Napoli, 1957, p. 88). Non senza intenti polemici il quinto capitolo del libro, è dedicato oltre che al Rinascimento, anche al Manierismo, che Pevsner così definisce: « se equilibrio ed armonia sono i caratteri essenziali del pieno rinascimento, il manierismo rappresenta l'opposto, perchè esso è un'arte equilibrata e discordante, ora emotiva sino alla deforn1azione (Tintoretto, El Greco), ora disciplinata sino alla regola (Bronzino). Il pieno rinascimento è abbondante, il manierismo è scarno » (p. 159). Ma il termine, come è avvenuto per quello di barocco, ha assunto troppi significati, a volte persino antitetici, per avere ancora un qualche significato, nè appare sufficiente da solo a definire cc le differenze importanti fra l'arte del pieno Rinascimento e quella del tardo Cinquecento ». Tuttavia, anche a volersi limitare ad indicare con esso quel particolare clima culturale e quelle comuni tendenze formali, dobbiamo categoricamente escludere di poter adoperare il termine manierista in senso pienamente positivo: il voler attribuire tale qualifica ad un grande artista, - come il Pevsner fa, sia per Palladio che pei:-Michelangelo (pp. 165 e 170) - non è possibile proprio perchè un artista, in quanto tale, nega una così sche119 ibliotecag.inobianco
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