Nord e Sud - anno VII - n. 4 - maggio 1960

of European Architecture (Storia dell'Architettura E11,ropea, Bari, 1959), già da te1npo nota nelle edizioni inglesi dei Penguin Books e del Murray ed in quella tedesca della Prestel Verlag. L'ambizioso programma ha condotto l'A. ad uno studio comparativo d1 grande interesse, per i raffronti tra opere di diverse culture nazionali, nell'ambito di una comune cultura europea; il quadro europeo al quale mirava il Pevsner è, indubbiamente, raggiunto: e il rapporto tra architettura e società è tratteggiato con immediatezza e vivacità. Tuttavia, nonostante la notorietà dello studioso (direttore della migliore rivista inglese di architettura contemporanea, l' « Architectural Review »), molte sono le riserve da avanzare su questa sua opera. Dovremmo, innanzi tutto, domandarci se è possibile e consigliabile scrivere una « storia dell'architettura europea ». Ma, anche a voler rispondere affermativamente (sia pur constatando che mai è stata scritta nè una « storia della letteratura europea » nè una « storia della pittura europea »), il limite pregiudiziale del volume in questione consiste proprio nel programma troppo vasto e nella difficoltà di contenerlo in 375 pagine di testo ed in 116 figure; e si può affermare che il proposito divulgativo non basta a superare questa riserva, ed una storia della architettura europea che si proponesse un fine scientifico richiederebbe forse non meno di dieci volumi. Ci pare opportuno citare a tal proposito un passo del Croce (Nuovi saggi di estetica, Bari, 1958, p. 172), in cui egli, constatato il moltiplicarsi, da un secolo in qua, dei modi di esposizione critica e storica del saggio e della 1nonografia, scriveva: « L'ideale romantico della storia generale, nazionale e universale sopravvive ormai come un ideale astratto; e i lettori corrono ai saggi e alle monografie, e leggono le stesse storie generali come raccolte di saggi e di monografie, e si restringono ad apprenderle e consultarle come manuali ». Ciò premesso ci sembra che, se la condizione propria e necessaria della storiografia artistico-letteraria è quella di cc rivivere e di riprodurre in sè l'opera d'arte» (Croce, ivi, p. 221), non ci si possa attenere al criterio antologico ma occorra invece affrontare un più dichiarato compito critico. L' A., invece, mentre da un lato formula giudizi critici superati, accettando idee preconcette della storiografia architettonica tradizionale, non esaurisce - e le difficoltà erano evidenti - il compito di una documentazione sufficientemente estesa. Se siamo in presenza di un volume di divulgazione, è infatti lecito chiedersi in che maniera giustificare l'assenza di fotografie e piante di un gran numero degli edifici citati? Essi, non essendo documentati, resteranno, per il lettore non specialisla, semplici nomi, poichè difficilmente potrà e vorrà prenderne visione altrove. Ma errori più gravi, dal punto di vista metodologico, permeano l'opera: il positivismo più anacronistico riaffiora ad ogni passo. Il Pevsner torna a parlare di stile in senso generale, riferendo tale concetto ad un'epoca, e non ali' espressione dell'individualità creatrice, come oggi la moderna critica ormai universalmente riconosce. Così, mentre abbiamo dei capitoli sullo « stile romanico », cc stile gotico, primitivo e classico », cc stile gotico tardo », e dappertutto si parla di altri « stili >> architettonici, cioè di forme desunte astrattamente e schematicamente dalle opere concrete, solo saltuariamente, e con 117 B_ibliotecaginobianco

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