. . ' porto che il pensiero moderno abbia dato ai problemi in questione. Nemmeno un accenno (sia pure critico) l'Abbagnano dedica , infatti, alla dialettica, e alle sue profonde ragioni, al suo imprescindibile significato. Pure - a parte ogni altra consideraz,ione - ci sembra assai poc o probabile che problemi quali quelli delle tensioni e della stratificazione sociale, dei rapporti politici e culturali e così via si possano studiare senza fare ricorso agli elementi fondamentali della concezione dialettica. Ancor più scettici ci trova lo schema dei rapporti tra st oria e sociologia avanzato dall' Abbagnano: la storia cioè conoscenza del l'individuale e la sociologia conoscenza del collettivo; l'una integrativa e complementare del1' altra. Basta pensare per un attimo alle innumerevoli ed ottime storie di istituzioni, di tradizioni o di aspetti vari delle società vicine e lontane nel tempo per rendersi conto che il confine tra storia e sociologia non è lo stesso che passa tra il collettivo e l'individuale, ma è piuttosto qu ello tra passato (nel senso di idealmente concluso) e presente (nel senso di condizioni di fatto della nostra attuale azione). Che altro fanno, infatti, le s torie, ad es., del costume se non mettere in rilievo, di una determinata so cietà, « ciò che vi è di comune e di abituale nel modo d'essere e di compor tarsi dei suoi membri » (Abb., pg. 36)? Ciò dovrebbe spingere ad accettare che « individuali », nel senso in cui lo sono gli oggetti della storia, sono an che gli oggetti della ricerca sociale per il fatto stesso che di questa come di quella oggetto sempre è l'uomo nella varia complessità del suo essere e d el suo atteggiarsi; e che ciò che muta dall'una all'altra è solo il modo e il fine della considerazione. A conferma del che si potrebbe osservare che anc he la cc ripetibilità » dei fatti sociali, sulla quale l'Abbagnano insiste con par ticolare calore, è di tipo affatto particolare: ad es., essa è così poco meccanic a che non se ne dà e non se ne può dare alcuna sperimentazione e riproduz ione artificiale, ma solo documentazioni ed interpretazioni. C'è, infine, un altro punto importante nel libro del pro f. Abbagnano: la polemica contro la condanna storicistica (Croce; ma nella fattispecie l'A. si occupa di un noto scritto di Antoni apparso su « Il Mondo » nel 1951) della sociol0gia. È onesto e doveroso riconoscere le buone ragioni che in tale polemica appaiono militare a favore delle tesi sostenute, in favore della sociologia, dall' Abbagnano. Certamente la posizione di Croce, e ancor più quella di Antoni nello scritto sopra citato, risentivano di una opposizione di principio alla sociologia positivistica che non era più in linea con l'effettivo svolgimento degli studi sociologici già alcuni anni prima della seconda guerra mondiale; e l'aver tenuto fermo a quelJa posizione di principio può essere stato anche un errore. Ma affermare che la negazione d i Croce o di Gentile o di Antoni abbia servito « finora così bene a impedire in Italia qualsiasi studio serio » della sociologia è, evidentemente, affermazione che va assai al di là della realtà. L'opposizione idealistica o storici stica alla sociologia _trionfò in Italia come elemento importante, ma partic olare di tutta una situazione, anche politica, in cui lo sviluppo e l'adegu amento degli studi sociologici italiani al livello di quelli internazionali non fu possibile. E peggio 107 Bibiiotecag inobianco
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