.. Ad inizio di u stagione» tutto lasciava prevedere che per il teatro a Napoli sarebbe durato ancora a lungo cc l'anno zero». · Sul « Mercadante » continuava a pesare l'handicap di esperienze malamente improvvisate : da Ernesto Grassi e, in modo meno infelice, da Giulio Pacuvio. Al « San Ferdinando », con la depauperata « Scarpettiana » ci si riproponeva di insistere su di una formula che per poter continuare ad esercitare una sua utile e divulgativa funzione teatrale avrebbe avuto bisogno d'essere adoperata da teatranti non solo esperti, ma geniali e colti. . Al «Mediterraneo», poi, mercè i milioni che l'Azienda Autonoma di Soggiorno Cura e Turismo avrebbe investito con una facilità ed una leggerezza non concessa agli impresari di professione, sarebbero stati riproposti al pubblico napoletano, con un ritmo da « sei giorni » ciclistica, spettacoli non sempre di livello intonato alla eccezionalità del1' avvenimento e in ogni caso destinati ad essere cc bruciati » nel giro di quarantottore. Una situazione complessiva, dunque, assurda ed avvilente: facile da far ricadere, per i due terzi, sulle spalle di uomini gravati da pubbliche responsabilità. È accaduto invece che, nonostante la mancanza assoluta di una u politica teatrale» - non solo generale per tutti i tre organismi citati, ma anche individuale per ognuno di essi - la situazione è andata sbloccandosi: grazie ad iniziative e intuizioni, non prevedibili, dovute ali' estro di singolari personaggi. In tutta sincerità non si puq asserire che il «Piccolo» napoletano abbia impostato e quindi potuto perseguire una politica teab·ale (sia nel campo organizzativo interno, sia per la vendita del « prodotto spettàcolo » all'esterno, sia infine per la scelta e la realizzazione di un << repertorio») coerente e preordinata. Fino ad oggi il «Piccolo» di Napoli, stagione 1959-60,_non ha costruito un organico-base di compagnia (ha invece utilizzato volta a volta elementi - e non sempre di primo piano - sempre diversi, dalle capacità cc artistiche » le più dissimili); nè è riuscito, se non in maniera del tutto superficiale, ad inserirsi nel tessuto sociale e culturale della città, altrettanto superficialmente « saggiando » quello della provincia. Inoltre il « Piccolo teatro » di Napoli ha svolto un programma che, passando con disinvoltura da Shakespeare a Carlo Terron, da J acopone a Willian Inge, da Nicolaj a Pirandello, non ha rispettato l'annunciato «cartellone» e ha finito col sostituire una novità per l'Italia, di Brecht, con cc Santa Giovanna» di Shaw. E tuttavia per merito sopratutto del talento, non soltanto registico, di Franco Enriquez, lo cc Stabile di prosa Città di Napoli » ha, quest'anno, e per la prima volta, realizzato spettacoli di buon livello. Addirittura eccezionale la realizzazione di un testo shakesperiano (nuovo per le scene professionistiche italiane e non sempre bene accetto nella patria del poeta: « Pene d'amor perdute »). Fu questo spettacolo inaugurale a scuotere un torpore antico. Il pubblico (ma anche la critica cittadina) 57 BibliotecaGino Bianco
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