• gli altti, i quali sanno che l'abbandono del partito significa la rinuncia al mandato parlamentare. Ed a coloro i quali declamano così volentieri contro gli apparati, opponendo la democrazia formale italiana a quella. sostanziale britannica, vorremmo ricordare che anche lì gli· apparati contano, e contano molto; e che l'assegnazione ad un candidato di un collegio marginale, cioè incerto, è per lo più un modo elegante con cui il partito si disfà di coloro sulla cui fedeltà sa di non poter contare. E finalmente vorremmo ricordare ai nostalgici dei voti di sfiducia che più volte si sono avuti rimpasti più o meno ampi e mutamenti di primi ministri senza voti di sfiducia alla Camera dei Comuni: la differenza,. si potrebbe dire paradossalmente, sta tutta nel fatto che noi chiamiamo crisi ciò che gli inglesi chiamano pudicamente reshuffle. Del resto, entro quali limiti si possa parlare per l'Inghilterra di governo parlamentare aveva gi~ indicato Walter Badgehot nel suo The English Constitution, la cui prima parte apparve nel 1865. Certo non ci nascondiamo le differenze che vi sono tra il sistema inglese ed il nostro, e noi stessi abbiamo avvert~to che il parallelo tra la crisi e reshuffle è un paradosso_: ma ciò che conta è che anche in Inghilterra, piaccia o no, vige · un regime di partiti, una partitocrazia . L'esempio americano, su cui Luigi Einaudi ha maggiormente insistito, può parere a prima vista più probante: pure, noi non gli opporremo il guicciardiniano : « quanto si ingannano coloro che a ogni parola allegano e' Romani ! ». A noi sembra in verità che anche l' esperienza americana, se valutata attentamente, porta alle stesse conclusioni. Si deve innanzitutto tener conto del fatto che la vastità enorme della Federazione statunitense è di per se stessa un rallentatgre della centralizzazione dei partiti : i contrasti di interesse sono spesso assai più violenti tra stati e stati che tra partito e partito; il che fa sì, ovviamente, che un· partito il quale voglia essere rappresentativo dell'intero paese debba necessariamente essere più fluido, strutturalmnte e ideologicamente, dei partiti che noi conosciamo in Europa. Inoltre, la divisione in tanti stati, ognuno dei quali è depositario di una parte della sovranità, rallenta ulteriormente la centralizzazione della vita' politica, poichè una buona parte di questa si esaurisce nell'ambito dei singoli stati. Pure, quando si studia il problema non più al livello federale ma a quello statale si vede che le cose cambiano: i partiti contano, e contano formidabilmente, ad un punto che forse da noi non si imm.~gina nemmeno. E, vi credano o no i nostri sommari osservatori di queste cose, contano tanto più in quanto maggiore, assai maggiore, 14 Biblioteca Gino Bianco
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