Nord e Sud - anno VII - n. 3 - aprile 1960

, •• senza dubbio; in questa prospettiva, cronicamente scettica, irrimediabilmente critica ». Queste le premesse del saggio. E dall'incontro di cultura occidentale - massime europea - con tradizioni costumi e sentimenti negri, nasce la complessa personalità di W.; quella personalità che, pur facendogli concludere con lucidissima sicurezza di essere, quale negro, « staccato dall'Occidente », tuttavia lo spinge a rivolgersi all'uomo bianco per dirgli: « io sono un occidentale, al tuo stesso modo, e forse più, ma non concordo in tutto ». Quindi, l'occidentale e il negro, in lui collaborano a esaminare i « problemi dei popoli di colore sulle soglie dell'emancipazione ». Così egli spiega il formarsi di quelle 1ninoranze tragiche che vivono nel più disperato isolamento e sottolinea il fenomeno della semilibertà in cui si trovano alcuni popoli, che la dominazione bianca non ha saputo - o voluto? - portare a una completa evoluzione, al riscatto. « Le élites afroasiatiche - conclude l'A. - costituiscono, infatti, isole di uomini liberi, anzi degli uomini più liberi oggi viventi sulla terra. Essi stanno in equilibrio immoto, nervosi, insofferenti al guinzaglio· , che li lega, pronti a marciare ». Lo spirito dell'Illuminismo e della Riforma, fuori dei confini europei, manifesta enorme attualità, chè può « estendersi a tutto il genere umano ». L'Occidente, perciò, deve « aiutare » e « incitare le sensibilissime e tragiche élites afroasiatiche a costituire aree di vita affidate ai valori della ragione. L'Occidente, per continuare ad essere occidental,e, libero e dotato di un certo grado di razionalismo, deve prepararsi ad accordare alle élites dell'Asia e dell'Africa, una libertà finora inusitata entro l'ambito stesso del proprio dominio. Le minoranze evolute dell'Asia e dell'Africa devono poter fruire della sua guida <<. Discorso illuminato e lungimirante che oggi, alla luce di alcune recenti esperienze, non tutte positive, va tenuto presente dalle classi dirigenti dell'Occidente, se si vuole che le « tragiche minoranze » di cui parla Wright diventino un fattore positivo e non un elemento perturbatore dell'equilibrio mondiale. [F. G.] Il Teatro di Miller Libro di notevole interesse, chè offre l'occasione per una attenta valutazione dell'opera drammatica di Arthur ~1iller, scrittore americano fra i più significativi del nostro tempo. Il destino di un lavoro teatrale - si sa - è legato alla «vicenda» del palcoscenico; un dramma, una commedia o una tragedia non sono esaminati, di frequente, per ciò che riescono ad esprimere o per ciò che in effetti valgono; subiscono - come il romanzo o un testo poetico - gli atteggiamenti delle « mode », ma per giunta vivono spesso in funzione di elementi che sono sì importanti, tuttavia non esclusivi, quali la regìa e la recitazione. Ciò accade inevitabilmente. Accade anche per lavori come quelli di Miller: massime dai critici dei quotidiani e dei rotocalchi si è giudicata, in questi anni, più la regìa di un Visconti e la recita!:ione di Stoppa, della 127 BibliotecaGino Bianco

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