Nord e Sud - anno VII - n. 3 - aprile 1960

, . .... • • delle scienze~ essi sono assolutamente insufficienti, specialmente se si tiene conto del numero dj coloro che vogliano dedicarsi alle ca1Tiere scientifiche. Un assistente volontario, poi, non è reb·ibuito. Può capitare che alla fine dell'anno il direttore dell'istituto gli conceda un premio che raramente raggiunge le cinquantamila lire. Bisogna diventare professore ordinario per avere, alla fine della carriera, duecentocinquantamila lire mensili. Quanto al secondo inserzionista, il posto ce l'ha. Lavora, infatti, da quindici anni in una indush·ia farmaceutica. Le cause che lo spingono alla ricerca di un altro lavoro possono essere varie, non ultime, ad esempio, quelle riguardanti un eccessivo carico familiare o il desiderio di grossi guadagni. Naturalmente, questo « caso » non può assurgere a regola generale. Consideriamo, infine, la terza domanda di lavoro: il laureato in farmacia, cioè, che si offre come propagandista di specialità medicinali. Questo lavoro è considerato negli ambienti universitari come fenomeno di sottoccupazione. Il giovane che si iscrive alla facoltà di chimica pensa di fare il ricercatore in una industria, oppure in un Istituto, o il farmacista. Ripiega, poi, verso l'attività di rappresentante di commercio, per ragioni di guadagno, o per essersi accorto di non essere tagliato per la carriera scientifica. Il De Santis ci accompagna poi in alcuni laboratori di indusb·ie e ci fa conoscere quella categoria quasi oscura della vita sociale rappresentata dai ricercatori. Il duro lavoro non affievolisce in questi uomini dal camice bianco la vibrante umanità e la passione per la ricerca. Alcune volte la vita di questa gente silenziosa è messa a duro repentaglio; è il caso di Cesare Nobili, dirigente di uno stabilimento industriale. Nel mentre si trovava a sorvegliare la linea di caricamento di. proiettili di artiglieria, venne investito insieme ad alcuni operai dall'esplosione di un ordigno. Benchè gravemente ferito, il suo primo pensiero fu di dare aiuto ai suoi operai e solaID:ente quando si assicurò che venivano apprestate le cure ai feriti acconsentì a farsi medicare. « Non pensate a me » - disse ai soccorritori - « io sto bene ». Dopo qualche giorno Cesare Nobili chiuse, in una stanza di ospedale, la sua breve ma operosa giornata. Nla il libro di De Santis non è tutto qui. C'è nella sua inchiesta tutta una problematica riguardante, appunto, la professione del chimico, ed è perciò che questo libro deve essere letto specialmente da quei giovani che alle soglie dell'Università vogliono intraprendere quella strada. Piacevole la lettura, tanto che il libro si legge tutto d'un fiato, De Santis ci introduce poi nei laboratori dei due «Nobel», Chain e Bovet, presso l'Istituto Superiore di Sanità che è considerato una « ammirabile isola della ricerca scientifica » e costituisce, per i giovani chimici, un privilegio l'esservi ammessi a lavorare. Infatti, grazie alle formidabili virtù organizzative di Domenico Marotta, l'Istituto Superiore di Sanità non è meno celebrato dagli scienziati del « Pasteur » di Parigi. Il primo dei due « Nobel », il professor « Moto perpetuo » come lo chiamavano i suoi allievi di Oxford, parla delle sue scoperte con semplicità e, diremmo, senza importanza. Ad un giornalista che voleva intervistarlo rispose che gli scienziati « non hanno nulla da guadagnare a diffondere il proprio pensierq attraverso i giornali ». E, infatti, « come si fa a spiegare ai lettori il senso del nostro lavoro? ». I lettori sono « brava gente che vuole cose concrete non ricerche e speculazioni. Vuole risultati tangibili, effetti limpidi 119 BibliotecaGino Bianco

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