Nord e Sud - anno VII - n. 2 - marzo 1960

• geva a lui: non con la condiscendenza sofisticata del mecenatismo, ma col virile suo consenso politico e morale, se c'era e quando c'era; senza mai chiedere contropartite di alcun genere, ma anzi con la preoccupazione che si potesse credere il suo consenso condizionato da contropartite più o meno sottintese; implicitamente ammettendo che si rimanesse per tante questioni in aperto dissenso, senza pretendere cioè d'imporre convincimenti suoi a chi ne aveva altri, diversi o addirittura opposti; con la persuasione che quando c'è in comune una intensa passione civile, quali che ne siano i temi specifici, gli accenti, le origini, gli sviluppi, i campi in cui essa si esplica, i motivi politici e le influenze culturali che l'alimentano, ci si riconosce, e ognuno ha qualche cosa che può dare all'altro. , Era una personalità notevole quella di Adriano Olivetti! E non soltanto perchè è stato il pioniere del neocapitalismo italiano e perchè - come ha scritto Sergio Barelli sul « Giorno » - nel nostro paese u lo slancio culturale dei capi tani d'industria si soddisfa troppo spesso nel finanziamento delle squadre di calcio », onde « non c'è da meravigliarsi che Adriano Olivetti abbia finito con l'apparire quasi un gigante». Non soltanto per questo, ma anche e soprattutto perchè era un uomo che si chiedeva continuamente quali fossero i suoi doveri e come dovess~ farvi fronte; e perchè di questi doveri non aveva una concezione angusta, e ristretta al proprio cc mestiere ». Adriano Olivetti non accettava i confini del « mestiere» di industriale, o di tecnico, o di manager, o di amministratore; e nemmeno i limiti di altri « mestieri » che avevano attirato i suoi interessi, del sociologo o dell'urbanista: il « mestiere » che aveva eletto era quello di uomo. Taluni, colpiti dalla figura di Adriano Olivetti, avanzano l'obiezione qualunquista relativa alla sua molteplice attività, ai suoi « sconfinamenti » nei domini della politica e della cultura; altri muovono critiche razionalistiche e parlano con fastidio dell'utopista, o di quel tanto di utopistico che circola nella dottrina comunitaria. Ci sia consentito di ricordare che grazie agli « sconfinamenti » di Adriano Olivetti l'urbanistica e gli studi sociali hanno potuto trovare in Italia nuovi impulsi e hanno potuto conseguire determinati risultati, assai concreti; e che quanto all'utopia, talune realizzazioni del comunitarismo italiano, quelle del Canavese, di cui abbiamo avuto altre volte occasione di parlare (si veda la rassegna di Atana·sio Mozzillo nel n. 49 di « Nord e Sud » ottobre 1958) hanno oramai arricchito il tessuto politico-sociale del paese e ne costituiscono altrettante cellule positive, come quelle che furono create dal veccl1io socialismo della Bassa e dal vecchio repubblicanesimo romagnolo, anch'essi venati da tendenze utopistiche. Tutti coloro che, nei quotidiani e nei settimanali, hanno rievocato comunque la figura di Adriano Olivetti, hanno parlato dell'imprenditore, del manager, dell'urbanista, del sociologo. C'è anche un Adriano Olivetti meridionalista? A noi sembra di sì: ricordiamo Ja passione con cui parlava del Mezzogiorno, la serietà con cui andava meditando certe sue soluzioni dei problemi meridionali, lo slancio con cui decise di costruire 71 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==