Nord e Sud - anno VII - n. 1 - febbraio 1960

• questo sì positivo, di ricerca operativa tendente ad una migliore utilizzazione sia delle risorse tecnologiche offerte dall'architetto dei nostri giorni, sia degli strumenti di vario genere che la cultura va elaborando (come nel caso dell'urbanistica) per risolvere i problemi vari proposti dall'evoluzione sociale. Su questo piano i problemi sono altri, ed esigono diverso apprezzamento. Bisogna convenire, a questo punto, che i due piani di valutazione, quello più propriamente estetico e quello pratico, possono a volte interferire e venire a conflitto: in tal caso il giudicare serenamente può essere difficile. Si prenda ad esempio il momento burrascoso in cui, appena terminata la guerra, si dovette procedere alla ricostruzione edilizia delle nostre città; quale soluzione figur~tiva assumere, quale poetica far propria, dato che il fascismo sembrava aver inquinato definitivamente anche quei germi sia pur formali di rinnovamento che avevano dato ad esempio la Casa del fascio di Terragni a Como, o alcuni edifici dell'Università di Roma, o alcuni interni della Farnesina o infine il Piano Regolatore di Sabaudia ? L'esperienza europea ed americana era approdata a lidi ancora irraggiungibili (come probabilmente sembrava) per una cultura architettonica incerta ed eticamente poco salda, ansiosa, ma senza un preciso indirizzo, di recuperare il tempo perduto e di riaccostarsi al linguaggio elaborato nel mondo libero. Ed ecco che - siamo nel 1948 - Roberto Pane, in un saggio ora incluso nel libro ( cc Le Corbusier e le tendenze meccanicistiche dell'architettura moderna»), esamina la possibilità che possano essere accolte nella nostra cultura le forme, le poetiche stesse del maestro franco-svizzero. Il suo è un grido di allarme giustificato, poiché il manifesto valido con un suo ben limitato scopo di protesta sul sorgere del movimento è ora senza più valore: di fronte al Le Corbusier per il quale, più che gli architetti, gli ingegneri... cc aboutissent aux génératrices, aux accusatrices des volumes ... » (pag. 29), e perciò possono fare autentica architettura moderna ogg.i che occorre rigettare gli « stili », esautorare la tradizione, rinnovare la tecnologia, ricercare una purezza cc esemplare » e via di seguito, il Pane avverte che «nell'architettura meccanicistica è inevitabilmente assente il particolare lirico e fantastico, e che l'architettura non è ancora in una massa o in uno schema geometrico ... » (pag. 31). L'avvertimento cadde su un terreno preparato, il funzionalismo non rientrava più in Italia, era in qualche modo esaurito. Questa scelta, come vedremo più appresso, pur valida sul piano estetico come fu, ebbe i suoi inconvenienti. Comunque, la mediazione è possibile: l'architettura è « poesia », avverte il Pane, mentre l'edificare, l'edilizia, questa attività di consapevolmente umile, quotidiano e tuttavia sostanziale artigianato, è la « prosa », la letteratura. L'architetto deve considerare che, se l'opera eccezionale può sbocciargli dalle mani in un momento di particolare felicità, la maggior parte della sua produzione sarà circoscritta nell'ambito più limitato, ma culturalmente non meno efficace della prosa. Di questo fatto tutti gli architetti dovrebbero_ essere consapevoli, specialmente in Italia, dove « il vizio più diffuso della produzione moderna mi pare essere consistito in quello che si potrebbe chiamare l'equivoco del monumentale » (pag. 40). Si tratta di un grosso problema di cultura, che investe le stesse Facoltà di Architettura, come è noto. 119 f?ibliotecagi_nobianco

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