lità storica, ma tutta la storia d'Italia diventa un enigma indecifrabile. Lo spirito di sistema domina, dunque, l'autore e lo costringe ad una continua lotta con se stesso, nella quale non sempre la coerenza ed il rigore della ricostruzione storica riescono vittoriosi. La logica della tesi esige che non solo la classe dirigente, ma il popolo tutto intero abbia i difetti che si sono detti, che sia assenteista e conformista, estraneo alle grandi ideologie liberali, cedevole alle lusinghe della peggiore demagogia, corrotto o incline alla corn1zione : se così non fosse stato, apparirebbe poco verosimile che il paese avesse potuto tollerare per mezzo secolo un ceto dirigente cinico e trasf orrnista, sciocco e velleitario, o che, peggio ancora, avesse potuto adagiarsi nel fascismo. E in effetti nelle pagine del Mack Smith il popolo si lascia trascinare a volta a volta nelle rivolte anarchiche e nelle avventure coloniali, è imperialista col Crispi e neutralista col Giolitti, è corrotto come i suoi rappresentanti al tempo degli scandali bancari, vota pei deputati governativi, tollera i 'mazzieri', subisce, tra stupito e imbronciato, l'avvilito gioco parlamentare e non lo corregge, ma, semmai, pensa a soluzioni violente ed estreme, bastona o si lascia bastonare coi fascisti, non reagisce alla dittatura, non si ribella neppure innanzi alla catastrofe nazionale. Il che non toglie elle nella prefazione il popolo italiano sia lodato come uno dei più resistenti e dotati e civili del mondo intero I Parimenti, il Crispi è un megalomane con tentazioni autoritarie una sorta di precursore del Mussolini (una valutazione identica a quella del1' agiografia fascista, solo con segno negativo) e la sua politica è presentata co- - me un tessuto di velleità e di errori, ma più avanti risulta essere l'autore di importanti riforme liberali; il Giolitti è un cinico che non crede in nulla, un uomo pronto a tutti i compromessi e ad ogni trasformismo, preoccupato solo della sua permanenza al potere (anche qui la valutazione è la stessa di quella di molta storiografia fascista, e questa volta non è mutato neppure il segno), ma poi restituisce vigore al sistema parlamentare, dà opera a tutta una nuova legislazione sociale, tenta di riconciliare i socialisti con Io stato liberale, riporta i cattolici nella vita pubblica, concede il suffragio universale prima ancora che in Inghilterra; i liberali che in qualche modo agevolarono l'avvento del fascismo nel 1922 sono null'altro che ricchi possidenti ten·orizzati dai socialisti e preoccupati soltanto di difendere la proprietà, ma, una volta che il fascismo s)è insediato al potere ed è quindi in grado di difendere le loro proprietà, questi rnedesimi liberali diventano misteriosamente antifascisti. La ricostruzione storica, come si vede, procede tra oscillazioni ed incoerenze e contraddizioni che la rendono assai poco plausibile. E si deve aggiungere anche che lo spirito di sistema appiattisce tutto, sì che si ha l'impressione che per sessant'anni, dal 1861 al 1922, i fatti si susseguano e s'inseguano senza che accada mai nulla. Proprio perchè l'epilogo della vicenda è scontato fin dall'inizio, perchè i protagonisti di essa attraverso i decenni possono avere nomi e fisionomie diverse e qualche tratto che li differenzia tra loro, ma si assomigliano tutti nelle cose essenziali, perchè il ceto dirigente resta press' a poco uguale a se stesso dal principio alla fine, non v'è avvenimento - politico o culturale - che si stacchi dagli altri, che si colorisca altrimenti che del grigiore universale. La qual cosa, è appena necessario aggiungerlo, nuoce all'esatta valutazione del processo storico: la guerra di Libia, ad esempio, appare al let115 . ibliotecagiriobianco
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