rilevare, infatti, che se le deficienze delle strutture politiche italiane erano così gravi come assume l'autore, se i difetti della temperie morale del popolo erano così profondi e connaturati come egli sembra pensare, meraviglia che il paese abbia potuto, bene o male, superare tutte le gravi crisi che lo travagliarono per un cinquantennio, che l'unità nazionale, ìn tanto pochi decenni, abbia potuto divenire da programma realtà, ad onta delle enormi disparità che separavano tra loro le varie regioni, della tenacia dej particolarismi locali, delle rivolte che insanguinarono bene spesso (dal brigantaggio degli anni immedjatamente successivi l'Unità ai moti siciliani della fine del secolo scorso) le provincie meridionali; meraviglia che la nazione abbia potuto cc affermarsi» (è ·il verbo stesso che adopera il Mack Smith per il titolo del quarto capitolo) e cioè consolidarsi e crescere ed adeguarsi, per quanto le era possibile, al ritmo della vita europea. Come si è potuto verificare tutto ciò, se la storia d'Italia si svolge, per quel medesimo periodo, lungo il cc filo nero » che s'è detto? Non vi è sproporzione tra la motivazione della sentenza e la sentenza stessa, tra il giudizio e l'analisi dei fatti che sostanziano o dovrebbero sostanziare il giudizio? Se il Parlamento era veramente quell'aula sorda e vuota in cui s'agitavano i fantasmi evocati dai brogli elettorali che i Presidenti del consiglio, di volta in volta in carica, spiegavano, come potè il sistema parlamentare resistere tanti anni e superare tutte le tentazioni autoritarie e finalmente mortificare le minaccie del Crispi e del Pelloux, come poterono tanti Parlamenti eletti dai prefetti rovesciare i Presidenti del consiglio che facevano i prefetti? Si dirà: il Crispi non era il Mussolini, il Pelloux era a suo modo un liberale· ' ma a che serve, allora, tracciare le vite parallele del Crispi e del Mussolini ed additare nel primo una sorta di maestro e precursore del secondo, e che sorta d"Italia profondamente conformista e segretamente autoritaria è questa nella quale anche un generale chiamato dal re a fronteggiare una situazione d'emergenza risulta alla fine essere un uomo cc che aveva abbastanza fede nei metodi liberali e parlamentari »? e viene il sospetto che quest'ultima conclusione non abbia che scarso valore, poichè essa serve all'autore soltanto per avvalorare il giudizio che, in sostanza, nel corpo politico italiano non v'erano sufficienti anticorpi per isolare e neutralizzare le tossine dell' autoritarismo, sì che i reazionari, se veramente avessero voluto, avrebbero potuto ferire a n1orte il sistema parlamentare. Così, tra liberalì e democratici e socialisti che fingono di difendere il regime, ma che in realtà non sono convinti di ciò che fanno o non hanno la forza di andare fino in fondo, e tra reazionari che fingono di voler distruggere il regime stesso, ma che in realtà non ne hanno l'intenzione, il grande tornante della storia italiana degli anni a cavaliere tra l'uno e l'altro secolo diventa una delle tante vacche nere della gran notte hegeliana dell' empirista Mack Smith. In verità, quando non si fa differenza tra il Crispi e il Mussolini, tra il Pelloux e il Giolitti, tra giolittiani e salandrini, quando tutti gli uomini politici italiani, dal Depretis al Cairoli, dal Sonnino al Luzzatti, sono tenuti per cinici corrotti o corruttori, vagheggianti una comoda ' dittatura ' parlamentare, quando garibaldini e interventisti democratici e fascisti e resistenti sono messi sullo stesso piano e uniformemente spacciati per figli di una borghesia che resta sempre uguale a se stessa, patriottarda e disoccupata, conformista e pasticciona, retorica ed autoritaria, non solo si smarrisce il senso della individua114 Bibliotecaginobianco
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