Nord e Sud - anno VII - n. 1 - febbraio 1960

incenh·ato intorno all'esigenza di dare, di un secolo di storia italiana, un' interpretazione tale, che spieghi come la linea di progresso verso un regime di ·en1pre più aperta democrazia (che, secondo quella che l'autore chiamerebbe far e la « storiografia tradizionale », caratterizza le vicende tra il 1861 e il 1914) si sia ad un tratto spezzata, e si sia avuta la dittatura fascista. Reagendo alle affennazioni di quanti hanno voluto vedere nel fa ·cis1no un 1nero « accidente », il Mack Smith sembra pensare che esso fu la conclu ione logica, il punto d'arrivo necessario di un processo involutivo durato più d cenni e determinato da deficienze strutturali dello stato unitario, 1 quali, a loro volta, dipendevano dai difetti gravissimi dell'intero popolo, a cui più secoli di ·dominazione straniera avevano tolta ogni abitudine all' esercizio della libertà, alla determinazione cosciente, al sentimento di comunità, cd av vano lasciato, in tri te eredità, la tendenza all'obbedienza passiva ed al confonnismo, il gusto della rivolta anarcoide e fine a se stessa, l'individualismo e asperato e nocivo, figlio naturale della servitù politica. Non per nulla nel capitolo dodicesilno ( « Declino e caduta di un iinpero romano >>) l'autore insiste con tanta forza sul vuoto assoluto che v'era dietro il regime fascista negli anni di guerra e in ieme sul fatto che solo l'invasione del territorio nazionale e non una spontanea rivolta popolare determinò la caduta del regime medesimo: il fascismo - è la conclusione sottintesa - era « una malattia profonda, radicata nelle o sa degli italiani, da abitudini secolari di autoritarismo e di corruzione » (sono parole di Nino Valeri, nella presentazione del libro stampata in Cultura Nl oderna: rassegna delle edizioni Laterza dicembre 1959). Il libro del Mack Smith vuole rispondere ad una domanda precisa: perchè il fascismo?, ed è in sostanza tutto intero una storia del fascismo, di quello che esisteva in Italia già decenni e decenni prima che nel 1922 il Mussolini ed il ·uo movimento andassero al potere; ed anche di quello che è :restato nel paese dopo la sconfitta militare del '43 e dopo il crollo del regime. L'opportunismo cavourriano degenerato nella deteriore e squallida prassi trasformistica, la tendenza all'accentramento amministrativo, l'assenza di una lotta politica propria1nente detta articolata sulla dialettica dei due grandi partiti della conservazione e del progresso, la ingolare ed egoistica chiusura clas ista d 1 ceto dirigente, l' eccessiva ristrettezza del suffragio elettorale prima e l'eccessivo allargamento poi, i brutali si 't mi di violenza e di corruzione nelle elezioni, gli scandali, l'incapacità a risolvere la formidabile questione meridionale, la scalmana nazionalistica ed imperiali tica con la conseguente tentazione autoritaria, il progressivo esautoramento del Parlamento, culminante nelle famigerate giornate del maggio 1915, la non chiara definizione costituzionale dei rapporti tra esecutivo e legislativo e tra governo e corona, la mancanza di fermi ideali, la paura assurda ed ingiustificata della sinistra socialista: tutto ciò co tituisce il filo nero che unisce la storia italiana dal 1861 al 1922, la fatale concatenazione che non solo impedì che si crea, sera in Italia le salde strutture di uno stato liberale, ma anche produsse nell' organismo statale quella malattia 1nortale che doveva rendere possibile l'avvento di un regime dittatoriale, che doveva fare del paese un'imraensa cultura di bacilli totalitari, che non sono ancora stati sterminati. Non è certo a caso che il libro si chiude con l'esplicito dubbio sulla solidità delle attuali shutture democratiche italiane: « a dieci an112 Bibliotecaginobianco

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