lamenti Internazionali, ha dimostrato che le ditte americane producono. la stessa merce a costi unitari notevolmente inferiori presso le loro filiali al1' estero. I prezzi, soprattutto quelli dei prodotti siderurgici e meccanici,, vanno salendo assai rapidamente in Ù .S.A.; e sembra questa la causa del declino delle esportazioni delle automobili americane. Fino a questo momento i mercati esteri sono stati sufficientemente tenuti avendo l'industria statunitense la possibilità di eseguire rapide consegne di una vasta gamma di prodotti, aventi spesso carattere di esclusività e comunque sempre frutto di elaborazioni tecniche e scientifiche non riscontrabili presso la concorrenza estera. Ora anche quel privilegio sembra contrastato dai progressi delle altre nazioni occidentali; e quindi la forte pressione dei sindacati, intesa ad ottenere più alti salari o minori ore di lavoro (agli effetti dei costi, il risultato è identico), in misura non pienamente corrispondente ai progressi produttivistici, e la politica dei prezzi dei co1nplessi monopolistici vanno inesorabilmente ostacolando sul mercato internazionale il collocamento del prodotto america11:o. I fatti endogeni dianzi accennati vengono ora ad incrociarsi con le nuove prospettive esogene, derivanti dalla distensione. Le conseguenze si assommano. In simile quadro vanno collocate le iniziative finanziarie americane per una ulteriore espansione economica, senza che peraltro si sottovaluti il significato politico di un concreto ait1to alle zone sottosviluppate. In questi ultimi tempi, la situazione dei Paesi produttori di materie pri ◄ me, e non industrializzati, si è andata ulteriormente deteriorando. Soprattutto i popoli asiatici presentano un netto peggioramento dei cosidetti terms of trade (ragioni di scambio), essendo diminuiti i prezzi dei prodotti da essi offerti ed essendo in pari tempo rimasti stazionari, oppure risultando addirittura aumentati, i prezzi delle n1erci importate, che, nella maggioranza, riflettono manufatti industriali. Di qui un drenaggio di quelle riserve di oro e di valute, a favore, in buona parte, dell'Europa, cl1e, come si è già detto, al contrario degli Stati Uniti, hanno visto aumentare le proprie esportazioni. Tutto ciò induce quei Paesi ad una maggiore severità nella regolamentazione degli scambi con incidenza negativa sui processi di sviluppo e contrazione di consumi già notevolmente modesti. La frattura con i Paesi industrializzati si va approfondendo, cosicchè sembrerebbe confermata quella teoria sul co1nmercio capitalistico - per cui il povero diventa più povero, appunto perchè il ricco diventa più ricco - che è stata diffusamente trattata dallo Harbeler nel tentativo di confutarla (Rassegna Economica, n. 2 del I959). Secondo il citato autore, il commercio internazionale (ed in particolare [101] Bibliote.ca Gino Bianco
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