Nord e Sud - anno VI - n. 61 - dicembre 1959

.. sia rimasto impaniato in questo gioco, tipicamente meridionale, dando il suo avallo alla posizione degli « unitari » ). Tutto questo è vero. Ma è anche vero che l'equivoco co1nportamento degli ex iniziativisti, antichi alleati della Base, non può giustificare il fatto che la Base, alla vigilia di Firenze, si sia schierata a Napoli nel modo paradossale che si è detto: quando il tatticism·o varca un certo limite, alloTa non vi sono argomentazioni politiche che tengano; si ricade, piaccia o non piaccia, nella tradizione di quel deteriore costume trasformistico meridionale che, sui loro vivaci giornali, proprio gli esponenti più qualificati della Base. vanno denunciando come uno dei mali cronici della Dem·ocrazia cristiana, sia stata essa di De Gasperi o di Fanfani. E del resto, a dimostrazione del fatto cl1e il comportamento della Base napoletana è quanto meno singolare, eterodosso rispetto ai principii cui si ispira la corrente (la quale ha mostrato spesso di voler rifiutare quel piccolo cabotaggio politico che riuscirebbe esiziale per una minoranza che ha l'ambizione di contribuire al rinnovamento del partito dei cattolici), è intervenuta a Firenze l'inaspettata elezione del leader napoletano della Base, dell'avvocato Clemente, nella lista dei « dorotei ». · Immaginiamo che l'avvocato Clemente e i suoi amici vorrebbero spiegare questa elezione con l'argomentazione che a Firenze, schierandosi sulla linea l\!Ioro, essi volevano contribuire a salvare l'unità del partito. Ma non sono queste spiegazioni che possono più interessare l'osservatore delle cose politiche napoletane. Sta di fatto che, dopo Firenze, i « basisti » napoletani parlano già un linguaggio assai diverso da quello di De Mita, di Galloni, di Granelli. Abbiamo letto recentemente su « Il Cittadino », il foglio• che l1a preso il posto di « Città nuova », un articolo in cui la condotta seguita a Firenze dai « basisti » napoletani viene interpretata in chiave di superamento degli schemi di lotta e delle posizio11i tradizionali; superamento che costituirebbe la premessa per la « vittoria di forze che vedono attuabile il progresso civile della società italiana per una strada diversa da quella proposta da Fanfani ». Il partito democristiano si sarebbe dunque finaI1nente liberato dal peso ingombrante dell'ideologismo: « l'alternativa tra la "linea Moro" e le impostazioni dell'on. Fanfani è nata infatti - scrive « Il Cittadin·o » - dalla contrapposizione tra due visioni dello Stato e della società: tra una visione politica, quella condivisa dalla maggior parte dei d.c. ed una di tipo s·ociologico cui si rifacevano le impostazioni dell'on. Fanfani ». I « basisti » napoletani avrebbero quindi trovato finalmente il loro posto nella maggioranza che va da Andreotti a Moro, la .quale garantirebbe che in Italia sono « mature alcune delle condizioni necessarie per il superamento graduale, silenzioso e senza strombazzature, dei dati st,orici dello Stato liberale e delle impalcature borghesi ad esso connessi ». [46] Biblioteca Gino Bian.co

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