perciò funzionale - sovente si sono volontaria1nente circoscritti autentici pensatori, è, mi sembra, assente dalla tradizione culturale italiana. Lo tenta oggi lo Zolla, che, in un pam.phlet assai aggressivo, ribadisce, attraverso una sottile analisi fenomenologica e una casistica pungente se non sempre originale, le tesi già note della « crisi » del mondo• contemporaneo (Elemire Zolla: << Eclissi dell'Intellettuale», Bompiani editore): anche nella frammentarietà del tono, è un libro del quale si può dire che è quanto mai stimolante, se non altro per la crudezza dell'assunto. Il conflitto tra il n1oralista e la sua società è - come ben si accorge l'apologo perpetuamente ricorrente del filosofo «distratto» - d'ogni tempo e d'ogni luogo: ma assu1ne proporzioni vi.stose oggi, per la denuncia ormai , pressochè concorde della progressiva perdita di qualità a favore della quantità (cioè della « massa ») nell'ambito della nostra vita associata : perdita cui il moralista non sa rassegnarsi. Il moralista dei nostri tempi è l'intellettuale in rivolta contro la società che lo serra e circo11da: anch'egli perciò assorbito 11ella definizione hegeliana del moralista che proprio lo Zolla riporta nell'altro suo recente volumetto: (« I moralisti moderni», Garzanti ed.): « Vige riel mondo cristiano in genere un ideale di uon10 perfetto, che non può esistere come moltitudine di un popolo: e se siffatto ideale si trova attuato nei monaci, nei quacqueri e in a]trettale gente pia, bisogna avvertire che un ammasso di codeste tristi creature non costituisce popolo, come i pidocchi e le piante parassite non possono esistere in sè 1na solo sopra un corpo organico ... A chi nutre questo falso ideale gli uomini debbono apparire sempre affetti da debolezza e corruttela ... Non c'è luogo ad ammirare la loro grandezza d'animo, ma piuttosto a notare che la loro propria corruttela consiste appunto nello stare a guardare ciò che chiamano debolezza ed errori ... ». Il giudizio hegeliano è del tutto negativo. Il moralista ha sempre di fronte a sè la «massa»; oggi la massa è il sottoprodotto tipico della civiltà industriale moderna, ed una abbondante letteratura sociologica va da tempo indagandone la mortificante fenomenologia: siamo certamente sempre nell'ambito della sociologia della crisi, i cui toni tendono a scivolare nell'apocalittico e nel nichilismo. A questa sociologia si deve aggiungere poi la psicoanalisi, con la ricchezza dei suoi strumenti critici e di « interpretazione ». Sociologia e psicoanalisi hanno sconvolto i « miti tradizionali», a loro modo din1ostrando che le strutture sociali d'ogni tempo, ed in particolare le attuali, poggiano- sull'alienazione dell'uomo. Il moralista accetta questa scoperta e, pur non sistematicamente come il sociologo e lo studioso del profondo, si sforza anch'egli di fornirci una rappresentazione adeguata del nostro mondo, aggiungendovi, per parte sua, quel tono personale che Moravia, nella prefaz_ione a « I moralisti moderni », indica come « disprezzo ». Disprezzo della facilità e dell'ottimismo, disprezzo della volgarità e del conformismo, dell'uomo massa insomma. Ciò che distingue il [39] ibliotecaGino Bianco
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