Nord e Sud - anno VI - n. 61 - dicembre 1959

privilegi a spese dell'intera comunita. Il pensiero liberale non ha avuto bisogno della sociologia cattolica o del solidarismo cristiano per avvedersi che al castello era succeduto il monopolio e che questo, appunto, era il nuovo nemico da combattere e vincere: e la polemica contro le concentrazioni di ricchezze, contro il prepotere dei ricchi, in nome di una nuova giustizia sociale, che in paesi assai più avanzati del nostro era viva e feconda di risultati già nei decenni a .cavaliere tra i due. secoli, _traeva la sua ispirazione proprio dalla massima liberale, la quale vuole si garentiscano uguali diritti a tutti e che insieme non vi siano, per alcuno, speciali privilegi. Dimenticare tutto ciò per identificare frettolosamente i valori della. civiltà liberale col programma del P.L.I. e liberarsi pertanto dei primi con una facile polemica contro il secondo è, come s'è già detto, un grave errore. Poichè l'esigenza delle riforme, l'ansia del rinnovamento, il senso del sociale, son tutte cose bellissime e necessarie, ma appunto come lievito di una « rivoluzione liberale )): esse sole non bastano a costituire un'alternativa a questa, ed anzi rischiano di disperdere lo sforzo degli uomini in un grottesco velleitarismo o di vanificarlo nella ricerca di una giustizia astratta. Senza la libertà esse non sono che nulla; ed in una società illiberale non bastano a creare la liberta. A noi sembra che l'uguaglianza, l'abolizione dei privilegi, una giusta redistribuzione della ricchezza, sono appena sufficienti a creare i presupposti lontani di un mutamento in una società illiberale (ed è da questa convinzione che deriva la prudenza con cui abbiamo sempre accolto i periodici annunci di svolte e di conversioni alla democrazia del! 'Unione Sovietica!): e, piaccia o no, una società in cui non avessero diritto di cittadinanza i valori fondamentali della società moderna, in cui vi fosse confusione di Chiesa e Stato - a qualunque di questi toccasse il primato -, una società, insomma, che assomigliasse a quella famosa fondata dai gesuiti nel Paraguay, sarebbe profondamente illiberale. Ed a noi sembra, altresì, che in una siffatta serra si spegnerebbe assai presto la dignità dell'uomo, il senso della responsabilità scomparirebbe, le determinazioni virili sarebbero compresse e snervate, e il popolo sarebbe degradato ad un gregge di animali pavidi ed industriosi, supinamente obbedienti al pastore: ed in conseguenza, a lungo andare, scomparirebbe anche il benessere, poichè questo è figljo della risoluzione libera e del rischio, della volontà tesa consapevolmente ed in piena indipendenza al miglioramento, del senso comunitario che scaturisca, senza costrizioni, [12] Biblioteca Gino Bia_nco

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