Nord e Sud - anno VI - n. 61 - dicembre 1959

Automazione e nuova classe (Ed. Il Mulino, Bologna, 1958), che pone in discussione il tema importantissimo dei rapporti di classe nella nuova società, come va gi~ delineandosi, per esempio, nel mondo statunit~nse (pi~ difficile invece va!utar~ la situazione dell'U .R.S.S.). L'argomento è cosi vivo e stimolante, che merita d1 essere studiato con molto impegno, anche se per ora sarà sufficiente fermare l'attenzione su qualche punto di maggior rilievo e vedere un po' quali « sorprese >> ci può offrire il fu turo. E' opinione comune (e !'Acquaviva riassume i termini essenziali del problema) che la prima caratteristica dell'introduzione di tecniche automatiche ed automatizzate (c'è differenza tra il primo e il secondo tipo) è rappresentata dal ridimensionamento di tutta la struttura industriale all'interno di ogni azienda (se ne vedono già i pimi sintomi, specie nelle gTandi industrie americane). Anzitutto il lavoro umano qualificato e di serie viene sostituito dalle macchine transfer, e contemporaneamente aumenta il numero dei tecnici e degli specialisti che si insediano in tutta l'organizzazione produttiva, essendo la loro opera indispensabile per il funzionamento della «macchina» aziendale. Ma !'Acquaviva non si limita a registrare questi primi risultati, del resto già noti. Offre un quadro ben più vasto delle conseguenze ultime cui porteranno questi nuovi processi produttivi nel settore della « sociologia del potere», come ha notato acutamente Luciano Gallino (in Co1nunità, n. 71, 19~9). Il fenomeno più profondo e rivoluzionario è indicato fin d'ora dal sorgere di una nuova classe, quella dei tecnici e degli specialisti, che rappresenterà forse « la cla~se lavoratrice del futuro ». Ma cosa significa il sorgere di una nuova classe? Non vuol dire semplicemente che con la meccanizzazione avanzata e addirittura con tutte le strutture produttive automatizzate (al limite la fabbrica interamente automatica, e l'uso su vasta scala dei calcolatori elettronici che è, comunque, una fase relativamente lontana; per adesso un altro grado di automatismo si presenta solo nell'indùstria siderurgica, metallurgica e automobilistica; in quella petrolifera, nonchè nei settori produttivi della gomma, delle valvole e delle lampade termoioniche), i managers e la burocrazia industriale vedono intaccati i loro poteri, e d'altro lato la posizione dei lavoratori subisce un completo mutamento entro il quadro organico di ogni azienda. Vuol dire soprattutto - secondo ·la tesi, perlomeno ardita, dell'Acquaviva - che anche il modello interpretativo marxista finora in uso perde la sua funzione e il suo valore, se l'esame sociologico delle strutture contemporanee comincia ormai a rivelare un certo «superamento» nell'antitesi classista borghesiaproletariato. In altri termini, seguendo il ragionamento del nostro Autore, l'introduzione su vasta scala dell'automazione porterebbe come risultato immediato a un radicale cambiamento nelle categorie lavorative, non solo con una fortissima estensione dei tecnici e degli specialisti in ogni settore, ma contemporaneamente con la riduzione e, al limite, con la scomparsa del personale non qualificato. Il Martinoli, per esempio, prevede che gli operai comuni e la manovalanza che oggi si aggirano sull'S0-85%, saranno ridotti al 40% entro il 1975, mentre gli operai specializzati, che rappresentano il 3-4% saliranno al 20-25%, i tecnici passeranno dall'l-2% all'S-10%, gli addetti al coordinamento dall'S-10% al 20-25%, i capi dal 2-3% al 3-4%. Se le conclusioni sono esatte, questo vorrebbe dire che « la grande colpita della nuova rivoluzione industriale è la classe operaia» (p. 134), perchè il suo peso numerico si ridurrebbe sensibilmente rispetto al costante sviluppo della nuova classe (lo staff degli specialisti), e nel contempo cambierebbe il suo ruolo all'interno della nuova società che va sorgendo. La prima conseguenza, quindi, sarebbe d'im- [124] Biblioteca Gino ·Bian.co

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