Nord e Sud - anno VI - n. 61 - dicembre 1959

la loro medesima velleità di superamento di una struttura jstituzionale che essi avevano avversato nei momenti della sua formazione, non solo e non tanto in nome di un'estrema difesa del potere temporale, ma anche ed anzi soprattutto per un'intima e profonda incompatibilità ideologica. Non è certo questo il, luogo e il momento di rifare una storia (del resto già egregiamente fatta per molti punti) dei tentativi di integrazione del corporativismo cattolico e di qt1ello fascista, e meno ancora di dilung·arsi sull'incapacità congenita, che ha mostrato il pensiero politico cattolico, da un secolo a questa parte, a pensare lo Stato moderno come Stato di diritto e di libertà. Quel che conta rilevare è che gli uni e l'altra vi sono stati ed hanno assai spesso ostacolato l'opera politica dei parti ti cattolici, e paiono permanere ancora oggi, se si deve giudicare dalla polemica st1 questo argomento che ha aduggiato i dibattiti fiorentini dello scorso ottobre. Fino a che punto, ci chiedevamo un po' più di un anno fa, all'indomani delle elezioni del giugno e della costituzione del governo Fanfani, il sogno integralistico di una società compiutamente cattolicizzata e cattolicizzante, dove il dissenso finirebbe fatalmente col diventare eresia e l'eresia reato comune, è pei democristiani soltanto un ricordo del passato? E fino a che punto hanno, i democristiani, compiuta quella conversione dalla << società » allo « Stato >), dal « sociale >) al « politico >), solamente capace di distruggere lo schermo che nel passato è parso frapporsi tra essi e lo Stato italiano? Queste stesse domande vien spontaneo di porsi ancora oggi: e in troppi discorsi pronunciati a Firenze si è data per scontata la fine imminente dello Stato liberale e si è vagheggiata ed annunciata una società interamente « nuova », perchè si possa essere perfettamente tranquilli. Ed anche ammesso che simili annunci e vagheg·giamenti e la congiunta fuga per la tangente della « socialità >) fossero per molti un modo elegante di scivolare sui problemi e di evitare di pronunciarsi sulle questioni politiche più brucianti, fossero, cioè, un modo dì sottolineare i motivi di unità piuttosto che le cause di .contrasto, il fatto resta preoccupante, se non diventa ancora più grave. Poichè se l'unità dei democristiani si dovesse fare veramente nel nome della comune obbedienza religiosa, della visione cattolica della vita e delle conseguenze ideologiche e pratiche che ne derivano, con l'accantonamento, sul piano politico, della civiltà e dello Stato liberali, allora i più gravi timori risulterebbero legittimi. Ma allora, si può essere facili profeti, l'unità dei cattolici sarebbe pagata al [9] Biblioteca Gino Bianco

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