" grossa industria automobilistica della regione parigiY)a che è giunta al colmo di licenziare in tronco cinque operai, rei di essere rientrati all'una di notte al loro albergo, un po' brilli. Gli oper~i tentarono di far osservare che la loro vita privata era cosa che li riguardava direttamente, ma non riuscirono a~ ottenere la revoca del licenziamento. Si dovettero allora rivolgere a un'associazione privata di assistenza agli emigrati italiani, che riuscì solo ad ottenere per quei cinque operai il pagamento dell'ultima parte di salario loro spettante e delle indennità di licenziamento previste dalla legge, per rottura abusiva del contratto di lavoro. · Per quel che riguarda l'agricoltura, va poi detto che le condizioni di vita e di lavoro di molti dei nostri lavoratori agricoli non sono gran che dissimili da quelle che erano per gli emigrati in Brasile agli inizi del secolo, poco prima che Palazzo Chigi decidesse di sospendere le migrazioni verso quel Paese. Chi soffre soprattutto di questo stato di cose (condizioni di lavoro durissime, alloggi indecenti, e così via) sono gli stagionali bieticoli: da tre anni circa, le nostre Autorità erano andate compilando, insieme alla « Confédération Générale des Plateurs de Betteraves », una « lista nera » dei datori di lavoro meno scrupolosi e cui si sarebbe rifiutata in seguito la manodopera italiana. Nessuno sa più che fine abbia fatto questa « lista nera »1 , nè se sia stata applicata, ma il fatto è che i bieticoltori continuano ad affluire ogni a~no più numerosi, senza che i mezzi di controllo delle condizioni di lavoro, di salario e di alloggio, siano diventati più efficienti, o anche soltanto più numerosi. In compenso, anche qui, ai responsabili di /quello stato di cose, sono state distribuite quattro « Stelle della solidarietà italiana ». In conclusione, oggi come agli inizi del secolo l'emigrato italiano giunge in Francia (attraverso quell'orrore che è il «centro» della Piazza Sant'Am· brogio di Milano) semisoffocato sotto un evidente co·mplesso di inferiorità non solo nei confronti del datori di lavoro, ma anche nei confronti dei compagni di lavoro i quali lo accusano spesso di « venire in Francia a mangiare il loro pane »; nè si fa qualche cosa, in Italia, prima della partenza, per sfatare quella leggenda. La sola, importante differenza tra le condizioni del1' emigrazione agli inizi del secolo ad oggi è data dal fatto, che, purtroppo, il complesso di inferiorità sembra essersi esteso alle, nostre a11torità emigratorie: _« L'essere nato povero, il non aver grandi bisogni, l'essere frugale ed onesto, debbono diventare per lui (l'emigrato italiano) titoli di onore e non di discredito: mentre i compagni di lavoro dovranno riconoscere le doti di intelligenza e di buona volontà che gli sono proprie e per le quali il nostro lavoratore dev'essere bene accetto, non soltanto agli imprenditori che ne sfruttano le capacità, bensì anche agli operai francesi. A questa nuova valutazione della nostra manodopera da parte dell'opinione pubblica francese deve, senza _dubbio, contribuire in primo luogo l'aumento del suo valore tecnico, della sua abilità produttiva e. disciplinatezza, onde, ben a ragione, Francesco [69] Biblioteca Gino Bianco
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