Nord e Sud - anno VI - n. 60 - novembre 1959

generalizzazione cli questa disposÌz1one - scriveva Ìl bo11ettino cieii'Umani- , taria - dovrà essere perseguita dai segretariati delle associazioni per l'èmigrazione e dal commissariato reale. Bisogna che questi segretariati facciano , penetrare nelle coscienze degli emigranti il sentimento che quell'indennità è un diritto e che essi debbono rifiutare recisamente di espatriare, se quel diritto non viene concesso ad ogni modo». Oggi quel diritto non esiste più, non solo, ma non si è neppure fatto nulla per evitare che due successive svalutazioni del franco francese (10 agosto 1957 e 29 dicembre 1958) decurtassero sensibilmente lo stipendio degli emigrati in Francia. Non va dimenticato che, a causa di una crisi degli alloggi che imperversa in Francia da anni, l'emigrato recente riesce difficilmente a trovar casa e quindi a farsi raggiungere dalla famiglia: da un calcolo approssimativo basato sull'entità delle trasferte salariali effettuate ogni mese dagli emigrati, risulta che meno del dieci per cento di questi riesce a trovar casa in un lasso dì tempo inferiore a due anni. La situazione degli altri non è certo più riconfortante. L'emigrato è quindi costretto a sostenere le spese di una doppia residenza e a sopportare in modo permanente quei disagi che, a chi viaggia per motivi di lavoro, vengono compensati da una diaria. Ora, non solo nessun compenso speciale viene fornito all'emigrante costretto a vivere in albergo e a pranzare in ristorante, dato che il suo salario dev'essere identico a quello di un collega francese della stessa categoria, ma ancora nessuna compensazione particolare è stata ottenuta dalle nostre autorità a seguito delle due successive svalutazioni per quella parte del salario che l'emigrato è costretto ad inviare a fine mese alla famiglia rimasta in Italia: su un salario medio di 60.000 franchi mensili, un italiano residente in Francia, se è capofamiglia, può inviare in Italia ogni mese 36.000 franchi francesi come massimo consentitogli dall'Ufficio francese dei Cambi. A seguito della svalutazione del 29 dicembre scorso, su questa somma, già non lauta, la famiglia dell'emigrato, ha perso ben 9.720 lire. Nessuno dei nostri rappresentanti è parso animato da sufficiente sensibilità sociale per afferrare il significato di quelle cifre, e per impegnare almeno un'azione simbolica presso le autorità francesi sul tipo di quella che venne svolta a seguito della svalutazione Gaillard e che si concluse, pressochè, con un nulla di fatto. Quando, nel 1919, si era firmato tra Italia e Francia il Trattato di Lavoro del 30 settembre, si era detto che, grazie all'articolo 5 di quel trattato, che faceva ormai dipendere dagli accordi tra gli Stati interessati il flusso emigratorio, introducendo una 11uova concezione delle cose nella legislazione internazionale del lavoro, l'emigrazione cessava di essere un fenomeno romantico. Sono infatti di quell'epoca tutti gli accordi in base ai quali l'Italia considerava le proprie forze del lavoro pronte ad emigrare, alla stregua di una moneta di scambio resa tanto più preziosa da] fatto che l'Italia dell'epoca abbisognava pressochè di tutto. Così, nel febbraio del 1920, avendo il « Co- [65] iblioteca Gino Bianco

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