, _... ' ' h guardi dell' « orrenda vittoria dell;errore contro 1a verità», aimenticata invece c. e sottintesa, perchè sa che « è men male l'agitarsi nel dubbio, che il riposar nell'errore». Ma, diversamente dall'opera dello scrittore lombardo e dai Contes illuministici, « Il nuovo corso» è un romanzo d'impostazione del tutto moderna. La « struttura» del libro è infatti qui la metafisica stessa: si veda l'episodio riguardante gli operai e il Direttore della fabbrica specializzata in apparecchi ad alta precisione di Via del Progresso (insieme con quello di Basilio e del direttore del carcere, il più bello del libro). Gli operai di Via del Progresso, la cui fatica si svolge in condizioni di assoluto isolamento, ignorano la finalità del loro lavoro, protetto da un rigido segreto di stato. In quel clima d'illusoria libertà diffusosi in seguito alla notizia della Voce della verità) uno di essi, il Numero Trentacinque, che da venti anni fatica senza sapere perchè, decide finalmente di fare delle domande prima ai compagni e poi a quel Direttore che crede onnipotente. Ma anche il Direttore è all'oscuro di tutto, e sa soltanto mostrare agli operai una specie di scatola in cui finisce il risultato del loro lavoro. La vista di quel freddo strumento meccanico, e lo sgomento esistenziale che ne deriva, fa pensare, mutatis mutandis, alla « stanzetta» con cui Svidrigailoff limitava l'idea che Raskolnikoff si faceva dell'infinito nella IV parte, capitolo I del dostojewskiano « Delitto e castigo». « Noi ci figuriamo sempre l'eternità - egli diceva - come un'idea che non si può comprendere, come qualcosa d'immenso, di veramente immenso! Ma perchè l'eternità deve essere necessariamnte così? Invece di una cosa tanto vasta, immaginate una stanzetta, una specie di gabinetto da bagno annerito dal fumo, con dei ragni in tutti gli angoli, ed ecco tutta l'eternità. Io, talvolta me l'immagino a questo modo>>. L'esistenzialismo moderno è nato da premesse simili a questa, ma dove nei romanzi strettamente esistenziali l'angustia di una situazione nasceva generalmente dalle capacità dialettiche dell'autore (si pensi ad esempio ad un Sartre), qui è determinata dalla struttura metafisica delle stesse situazioni. Cosl, per bocca dell'autore, il Numero Trentacinque è costretto a chiedersi: « Che contava il suo lavoro? E lui stesso, in fondo, che contava, se ciò a cui aveva speso vent'anni della sua vita andava a seppellirsi in quel fondo di scatola?» (pag. 90). La situazione, sul piano esistenziale, ricorda quella del Dostojewsky, tanto più che Pomilio sembra voler adombrare nel lavoro sprecato di questi uomini l'incerta finalità della vita umana. Al Numero Trentacinque che gli domanda se c'è qualcuno che sa a che cosa serve quella scatola, il Direttore risponde infatti: « Può darsi che ci sia qualcuno. Può anche darsi che non ci sia. Ma questo chi può dirlo? » (pag. 98). Un romanzo come « 11 nuovo corso», se da un lato conferma le doti, fortunatamente non sperimentali ma semmai sperimentate, di Mario Pomilio, dall'altra è un invito a riflettere per tutti coloro i quali credono di poter raggiungere la libertà che è anzitutto responsabilità, con un regime a carattere totalitario che soffoca qualsiasi possibilità di contributo individuale. [O. S.] I delfini sulle tombe. Da quando, nel 1954, gli fu attribuito il premio Veillon, il silenzio di Cassieri è stato rotto soltanto da qualche saggio, qualche_ inchiesta, dalle sµe frequenti collaborazioni a riviste di studi meridionalistici; insomma, da prove, che se anche rifiutavano schem~ e soluz~oni gior?alisti_che, sempre traevano spunto dalla cronaca, pur volendola riportare in una dimensione tutta letteraria, particolarissima, una pacata [125] . ibliotecq Gino Bianco
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